PERCHÈ, PRIMA O POI, UNA CURA LA TROVANO... MA NEL FRATTEMPO DIAMOCI UNA MANO PER NON PERDERCI NELLA NOTTE

mercoledì 9 luglio 2014

QUIEN SOY

O¡HOLA!

ME LLAMO DONATO.

¿PORQUÉ ESTE BLOG ?

PUES,
SOY UN PACIENTE CON UNA VARIANTE DE SINDROME DE STARGARD.
SE TRATA DE UNA DEGENERACIÓN MACULAR JUVENIL QUE AFECTA LA PARTE CENTRAL DE LA RETINA, LA CUAL TIENE LA FUNCIÓN DE HACERNOS VER LOS DETALLES. LA CONSECUENCIA DE ESTA ENFERMEDAD ES QUE CON EL PASAR DEL TIEMPO EN LUGAR DE LAS IMÁGINES EN EL CENTRO DEL CAMPO VISUAL SE ENCUENTRA UNA MANCHA; LA MANCHA ES SOMBREADA AL PRINCIPIO, PERO TARDE O TEMPRANO SE CONVERTIRA’ EN NEGRA.

EN ESTA TEMPORADA, MI MANCHA ES TODAVÍA BASTANTE PEQUEÑA Y DE COLOR GRIS DESCOLORIDO, POR ESO PUEDO DECIRME DE MOMENTO AFORTUNADO PUESTO QUE A LOS 37 AÑOS TODAVÍA ME QUEDA UN VISUS DE 8/10 EN TOTAL.
MUCHOS DE MIS COMPAÑEROS TIENEN VISUS RESIDUALES INFERIORE.
PORQUÉ ESTE BLOG, ERA MI PREGUNTA INICIAL.
BUENO, ME GUSTARÍA CREAR EN LA RED ALGO QUE TANTO BUSQUÉ A MI VEZ Y NO ENCONTRÉ: UNA HERRAMIENTA PARA ENCONTRAR MÁS INFORMACIONES DE LAS QUE SE PUEDEN ENCONTRAR NORMALMENTE EN LA RED SOBRE LAS DEGENERACIONES MACULARES JUVENILES. UN LUGAR DONDE COMPARTIR LA HISTORIA DE QUIEN VIVE CADA DÍA CON LA STARGARDT.
NO MENOS, YO SOY FARMACÉUTICO Y TENGO ALGO DE EXPERIENCIA SOBRE NUTRICIÓN FUNCIONAL Y NUTRACEÚTICA. QUERÍA UTILIZAR ESTA HERRAMIENTA PARA OFRECER ASESORIAMENTO GRATUITO A LOS COMPAÑEROS: LOS HABITOS, RÉGIMEN ALIMENTICIO, SUPLEMENTOS, TODO LO QUE TIENE QUE VER CON NUESTRAS VIDAS.
CON ESO NO QUIERO DECIR QUE LO SÉ TODO, PERO ME GUSTARÍA COMPARTIR LO QUE APRENDÍ CON QUIEN LO PUEDA NECESITAR.
PUESTO QUE UNA PARTE IMPORTANTE EN LA PROGRESIÓN DE ESTAS ENFERMEDADES ESTÁ RELACIONADA CON LOS ESTILOS DE VIDA Y LOS SUPLEMENTOS ALIMENTARIOS, ¿POR QUÉ NO USAR ESTAS HERRAMIENTAS CORRECTAMENTE?
PUES, YA QUE ESTAMOS EN EL BAILE, ¡BAILEMOS, PERO BAILEMOS BIEN!
AQUÍ ESTOY.

lunedì 7 luglio 2014

Un primo bilancio



Beh, dopo circa due anni penso sia arrivato il momento di fare un primo bilancio. Un resoconto di cosa significhi essere genitore con la Stargardt.
Inizio con l’affermare che la stragrande maggioranza dei timori e delle paure che nutrivo con troppa fiducia, agli albori di questa avventura, erano solo costrutti mentali.
Leciti, per carità.
Era sin troppo doveroso porsi quanto meno una manciata di interrogativi riguardo i cardini su cui poggia l’intera faccenda. Genitori è per la vita.
Le tante domande assillavano l’anima e riguardavano quesiti condizionati dall’intorno in cui si snoda il nostro quotidiano. È inevitabile! Il bimbo crescerà, cercherà di confrontarsi col mondo esterno, vorrà sperimentare, avrà sete di scoprire e di sentire. E lo spettro dei propri potenziali limiti si può alzare maestoso e velare anche l’anima più splendente.
Ma poi arriva il nodo di tutta l’essenza familiare. L’amore, quello di un genitore verso la propria prole… ha una tale potenza, una forza così poderosa. Dipana le nebbie più fitte, fugando ogni traccia di tenebra dai più remoti angoli del cuore.
Infonde una fiducia granitica nei tuoi  mezzi. Certo, le forze sono segnate dalla materiale ristrettezza che la degenerazione maculare impone, ma i pochi strumenti a disposizione diventano formidabili e chirurgici alleati da usare senza parsimonia per plasmare la gioia e la serenità del futuro di chi è venuto…e di chi già è.
E così, a cuore sereno, capisci che ti basta imparare a memoria una filastrocca il giorno prima, per raccontarla poi al tuo pupetto mentre stai sdraiato a letto, con la sua testolina  poggiata sul tuo braccio e il suo sguardo attento che segue le parole stampate, che stai recitando con maestria fingendo la lettura.
Capita a volte che la malinconia ti sorprenda, nonostante tutto.
Davanti a una moto che sfreccia, e alla testolina di tuo figlio intenta a seguirne la scia al suo passaggio.  Torna alla mente la passione per un mondo ormai off-limits per te e subito pensi, o speri, che lui non ti chieda mai di fare un giro sulle quelle due ruote con te.  Poi respiri e razionalizzi.  Ami ed hai amato quei destrieri moderni senza che tuo padre abbia fatto nulla per trasmetterti questa passione, che oramai  con la tua vista fa a cazzotti. Sin da piccolo hai sognato una moto, ma ugualmente mai hai preteso o semplicemente chiesto a tuo padre di portarti a fare un viaggio  o anche solo un giro in sella.
Respiri più libero, e capisci che sono solo storie quelle che ti racconti, nuvole inesistenti che vuoi creare per dare un volto reale alle paure, una faccia al personale nemico.
Se amerà le moto imparerà a guidarle, non dovrà sognare di essere scarrozzato da un genitore con una passione impossibile.
Piuttosto armati di fantasia ed inventati non una, ma mille passioni. Così che lui cresca ben conscio del fatto che la vita è fatta di tante piccole passioni, una diversa dall’altra, ognuna capace di dare profondo senso alle giornate!
Poi, per tutto il resto, basta non prendersi troppo sul serio.
Ma non sempre è così cristallino e facile.
Spesso non ci riesco, sebbene la ragione faccia immensi sforzi.
Ma l’obbiettivo resta proprio questo: non prendere troppo sul serio se stessi e la propria malattia.
Così, se per forza di cose devi delegare la tua compagna per quel che riguarda la manicure e il pedicure del pargolo beh, perchè farsene un cruccio. Mica versi lacrime amare se non sai cucire a macchina e fare l’orlo alle braghe!
Eppure, quando la mamma ti ha sistemato i pantaloni nuovi e li sfoggi bello tronfio , hai solo gioia e riconoscenza in cuore….

sabato 5 luglio 2014

FOTO RACCONTO: Settima Tappa, da Badia Tedalda a Novafeltria



 La Cascata

 L'Aquila

 Il "Falco" pellegrino....

 Greto del Marecchia


 Il Montefeltro e i suoi "cucuzzoli"

 Un compagno di viaggio imprevisto




Evviva l'itagliano...

venerdì 4 luglio 2014

Cellule Staminali e il loro sguardo sulla Retinite Pigmentosa

Vi faccio un resoconto di un articolo apparso su eLIFE che potete trovare QUI.
Gli spunti e le prospettive per noi tutti sono entusiasmanti!
Ringrazio Elena per aver scovato la notizia!!!

Il regno delle cecità ereditarie comprende uno spettro molto ampio di patologie, causate da mutazioni riguardanti oltre 220 geni differenti. La Retinite Pigmentosa (RP) è una delle più comuni forme tra le 250 varietà di degenerazioni retiniche ereditarie che causano perdita parziale o totale della vista.

Allo scopo di sondare le potenzialità delle terapie basate sull'impiego di cellule staminali, un team dell'Università dell'Iowa ha fatto, e continua a fare, un esteso screening genetico del DNA di soggetti affetti da tali patologie ereditarie. Non di meno, questi ricercatori sono riusciti a generare delle cellule staminali pluripotenti (iPSCs) partendo da questi stessi individui sotto monitoraggio genetico, in modo da avere dei veri e propri modelli paziente-specifici della RP. 
In particolare, hanno creato un modello personalizzato della variante di RP recessiva come riportato QUI. Le iPSCs sono state generate per la prima volta nel 2007 a partire da fibroblasti prelevati dalla cute dei pazienti stessi. Queste cellule hanno una grande peculiarità: sono appunto pluripotenti, ovvero con i giusti stimoli possono differenziarsi e generare cellule di vari tessuti dell'organismo. Dato che possono essere ottenute riprogrammando le staminali prelevate da un individuo adulto specifico, possono essere una preziosa fonte di informazioni di quel soggetto in particolare, generando modelli cellulari della malattia ad personam. Il team dell'Iowa ha messo a punto e perfezionato la tecnica usando dei Cheratociti, ovvero cellule più superficiali del derma e molto più malleabili geneticamente dei fibroblasti.

Tra i vari tipi di cellule ottenibili da queste staminali ci sono, appunto, anche quelle retiniche. Questo è comprensibilmente un garndissimo strumento, nonchè una poderosa svolta in ambito di ricerca e studio di terapie. Si possono infatti studiare come funzionano i meccanismi molecolari e genetici alla base della malattia del singolo paziente, valutando con grande specificità anche la possibile risposta in vitro a terapie geniche per quel dato soggetto.

Su un paziente di 62 anni affetto da RO Autosomica Recessiva (ARRP) è stato condotto uno studio pilota proprio con queste prerogative. Innanzitutto sono state caratterizzate geneticamente le mutazioni responsabili della malattia (QUI i dettagli); successivamente sono state prelevate le cellule staminali dalla sua pelle. Opportunamente stimolate, queste cellule hanno preso a differenziarsi in differenti forme di cellule retiniche (QUI il paper di riferimento). 

Ma non è tutto qui. 

Con grande stupore degli scoenziati stessi, le cellule retiniche generate hanno preso ad organizzarsi autonomamente in strutture vescicolari definite "eyecup". 



Queste inizialmente contenevano solo strutture cellulari simili all'Epitelio Pigmentato, il tessuto che trasporta i nutrienti ai fotorecettori, ma col tempo hanno preso a svilupparsi cellule fotorecettrici proprie della retina. A prova di queste evidenze la presenza di Rodopsina a livello delle eyecup generatesi in vitro.

Questo ha innanzitutto evidenziato che la mutazione genetica alla base della malattia non ha alterato lo sviluppo normale del tessuto retinico (altrimenti le eyecup non si sarebbero formate e non avrebbero prodotto Rodopsina), ma che evidentemente la proteina alterata derivata dal gene mutato (USH2A) sia causa di uno stress letale per le cellule della retina del paziente, da cui lacecità conseguente.

A questo punto è stato naturale voler vedere in vivo cosa sarebbe potuto succedere. E infatti i ricercatori dell'Iowa University hanno proceduto nel trapianto dei fotorecettori immaturi, ottenuti con questo metodo, direttamente sulle retine di topi. I risultati, questa volta molto sperati ma inaspettati, sono arrivati in due settimane: le cellule trapiantate si sono perfettamente integrate nel tessuto retinico dei topi e in breve hanno preso a differenziarsi e a maturare in cellule retiniche funzionanti adulte.

Tutte queste scoperte aprono scenari nuovi sugli approcci terapeutici e, non da meno, rivedono anche il potenziale ruolo della Terapia Genica. Troppo spesso infatti il limite di questa tecnica è data dalle dimensioni de ìl gene da sostituire nelle cellule del paziente. Se il gene è troppo grande la difficoltà principale è trovare un virus sicuro ed efficiente per trasportare e inserire il gene corretto nelle cellule della retina. Cellule che, per altro, spesso sono già morte o seriamente danneggiate per cui anche se trattate con terapia genica i risultati potrebbero essere molto minimi.
Con la tecnica vista in questo studio, invece, sarebbe possibile:
1. Generare delle cellule staminali immature partendo da materiale biologico del paziente che si vuole curare;
2. Correggere a priori la mutazione (o le mutazioni) responsabili della malattia in questione;
3. Trapiantare materiale biologicamente compatibile al 100% nel paziente e determinare una neo-genesi della retina, usando cellule nuove e sane che andranno a rimpiazzare quelle danneggiate e morte.
Riassumendo, ecco lo schema:


Fantascienza?
No, ragazul...a sto giro è solo questione di tempo!



mercoledì 2 luglio 2014

La storia di Laura e della piccola Stella

Quella di Laura è la storia di una nonna, una nonna speciale che ha ingaggiato una battaglia senza quartiere contro la Amaurosi di Leber, per amore della sua piccola nipotina. Stella, 9 anni, è una bimba curiosa e intelligente che grazie all'amore di chi le sta vicino sta imparando a vivere con tutta la forza che le occorre. Perché il mondo è la fuori e aspetta solo di essere scoperto!

Ciao Laura, ci puoi raccontare come una sindrome complessa e rara come la Amaurosi di Leber può, un giorno, entrare ed irrompere nella vita di una famiglia? 

La parola irrompere è proprio azzeccata, perché è qualcosa che non ti aspetti, che ti lascia stranita e incredula. Ti sembra impossibile che sia capitato proprio ad un tuo familiare, perché hai sempre pensato che certe malattie capitano agli altri, e invece scopri all'improvviso che un tuo congiunto ha addirittura una malattia di natura genetica, ereditaria, per la quale ancora non esiste cura. La prima cosa che pensi è "no, i dottori stanno sbagliando".

Prima della diagnosi, cosa vi ha messo in allarme, facendovi capire che le cose non andavano per il verso giusto? 

Ogni componente vicino alla bimba ha cominciato ad avere dei dubbi che qualcosa non andava poco prima dei 3 mesi di età. Ma ognuno teneva per sé i propri dubbi, come se condividerli potesse farli diventare reali. Notavamo che non fissava lo sguardo, che gli occhi ballavano (ora sappiamo che il fenomeno si chiama nistagmo), amava osservare le fonti luminose, era attratta dalle lampadine come se fossero una calamita. Verso i 3 mesi e mezzo una vicina ha preso coraggio e ci ha detto “mi permetto di farvi notare che questa bimba ha dei problemi agli occhi, perché ho avuto un parente con i suoi stessi comportamenti”. Allora piano piano ognuno di noi, nonni e genitori, ha esternato i propri dubbi. Ci siamo allarmati, come è naturale che fosse, e abbiamo cominciato a fare visite e consulti.

Immagino sarà stato un calvario il percorso per raggiungere una diagnosi definitiva, come per tutti noi affetti da malattia rara. Chi vi ha dato le risposte che cercavate? E come hanno gestito l'impatto psicologico che una simile notizia può avere sui cuori di una famiglia alle prese con una giovane vita che cresce?

La prima visita è stata fatta a Roma, perché ci trovavamo per lavoro in quella città. Risultava un occhio perfetto, come  la retina e il nervo ottico. L'oculista ha ipotizzato un ritardo di fissazione ed ha ordinato una risonanza per escludere problemi al cervello e una PEV. Da questi esami risultava che non c'era nulla di anormale e ci è stato consigliato di attendere, però l'ansia era molta e a sei mesi l'abbiamo fatta visitare da un altro oculista, al Meyer di Firenze. Altra visita del fondo dell'occhio. La retina e il nervo ottico erano sempre perfetti, così ci hanno ordinato un'altra PEV, e anche questa è risultata nella norma. Ci hanno così detto di tornare quando la bimba aveva nove mesi; eravamo ormai molto preoccupati, anche perché si insinua nell'anima la paura che si sciupi troppo tempo e che, arrivata la diagnosi, ci si possa sentir direte “ormai è troppo tardi”. Al successivo  controllo l'oculista ha cominciato ad ipotizzare una possibile Amaurosi di Leber, ma per confermarla sarebbe stato necessario  l'esame ERG e lui non era in grado di eseguirlo o farlo eseguire in una bambina così piccola. siamo stati inviato così alla genetista del Meyer. Mi ricordo bene di aver discusso con questa dottoressa. Deve avermi preso per una pazza perché io non capivo, né intendevo accettare che si potesse pensare ad una malattia ereditaria in una famiglia dove non c'erano casi conosciuti. Siamo così tornati a Roma, precisamente a Polidoro, nel reparto del dottor Vadalà, dove sono stati in grado di eseguire alla bimba l'ERG ESTINTO. Aveva 11 mesi. Il dottore è stato piuttosto crudo e secco nella conclusione. Ci ha detto “si tratta di una patologia della retina tipo amaurosi di Leber, vede la luce e qualche ombra in movimento con forte contrasto. Rimarrà così, non andate in giro per il mondo perché non c'è nulla da fare. Rivolgetevi ad un centro di riabilitazione e ricordate che c'è una bella differenza tra vedere la luce e non vederla per niente.”A questo incontro eravamo in tre, la bimba io e il nonno. Ci siamo ammutoliti e ce ne siamo andati senza chiedere nulla. Nel viaggio di ritorno, verso Firenze, al primo casello autostradale ci siamo fermati e, senza dire nulla, abbiamo pianto. Poi abbiamo pensato che dovevamo farci forza e avvisare i genitori della diagnosi. Ci sono volute tre telefonate per riferire della visita e del responso, perché ci saliva la commozione e ricominciavamo a piangere. Quella notte ognuno di noi, 4 nonni e genitori, ha pianto e ripianto.
Poi, al mattino, battaglieri ci siamo detti "è impossibile, dobbiamo cercare nel web, devono esserci delle risposte!"
Mio figlio ha trovato il centro Mondino di Pavia, che si occupava di problemi neurologici e di amaurosi di leber nei bambini. La bambina è stata ricoverata per 3 giorni per controllare se ci fosse solo la grave ipovisione o altre malattie associate. Qui hanno confermato la diagnosi e verificato che non c'erano altri problemi, cioè il suo caso non era una sindrome. Hanno fatto il prelievo di sangue per l'indagine genetica che hanno spedito al TIGEM di Napoli, ed hanno dato molti consigli psicologici ai noi parenti su come comportarci. In questo reparto vengono ricoverati molti bambini con problemi neurologici, molti hanno malattie rarissime. Ecco, qui ridimensioni la tua vita, ti trovi a contatto con delle realtà scioccanti e destabilizzanti, alla fine pensi che tutto sommato la tua nipotina è soltanto cieca, fa parte della schiera degli altri,cioè di quelli che hanno un problema da affrontare e cercare di superare. Ma scopri anche che ci sono altri, alcuni anche più sfortunati.
Come superare l'impatto psicologico? Intanto il tempo ti mette di fronte al suo incessante incalzare. Giorno dopo giorno scopri che la vita continua e deve continuare, e che hai come genitore e come nonno l'obbligo di essere forte  e di muoverti verso un grande obbiettivo, poiché al momento non puoi fermare il tempo, ne puoi fermare la malattia. Hai davanti il futuro di una bambina e devi cercare di metterla  in grado di costruirsi la sua felicità. Ti dai da fare, ti imponi serenità e positività, ti imponi di non essere tu a creare drammi psicologici o tarpare le ali di quella vita. Devi dargli ottimismo, serenità, speranza. Ti auguri che possa sviluppare una buona dose di ironia nell'affrontare le inevitabili difficoltà giornaliere. Speri sempre che, un giorno, arriverà una soluzione che le permetterà di muoversi con autonomia, di viaggiare e di conoscere il mondo, se lo vorrà.

Cosa avresti voluto che vi fosse detto, o non detto, per poter affrontare al meglio questa notizia? In altre parole, se tu fossi stata dall'altra parte e avessi indossato il famigerato camice bianco, come ti saresti comportata?

Abbiamo incontrato tante persone valide, e ritengo che sia impossibile ricevere una simile notizia pretendendo che non vi sia una reazione disperata. 

Hai una grandissima competenza in materia. Sei anche impegnata in prima fila in questa battaglia, giusto? Quanto pensi possa essere importante la conoscenza e l'impegno in prima persona?

Per affrontare l'impatto con la malattia e con la senzazione di inutilità che subito ti prende alla gola, l'unico modo che ho trovato è stato quello di cercare di capire la malattia, di cercare di capire se si poteva trovare una soluzione e, a mio avviso una soluzione la si può trovare se si investe in ricerca. Allora mi sono messa a ripassare le nozioni di chimica e a studiare la genetica, ho passato mesi a tradurre e leggere le varie relazioni su malattie genetiche della retina che si trovano su pubmed.com. A forza di insistere riesci a farti uno schema mentale e ad acquisire conoscenze. Allora ho cominciato a scrivere ai referenti, contattando medici e biologi che trovavo negli articoli scientifici. Ho ricevuto sempre risposte chiare.

Nelle mie ricerche sul web ho anche incontrato l'Associazione Toscana Retinopatici ed Ipovedenti; la bimba aveva 12 mesi e oramai avevamo compreso che aveva una patologia alla retina per la quale, al momento, non c'erano cure. Nel sito dell'associazione ho notato che c'era un numero di telefono con cui comunicare, peraltro con il prefisso della mia zona. Telefonai ed incontrai un caro amico, pacato e collaborativo. Abbiamo chiacchierato con calma per quasi un’ora. Era cieco dalla nascita e mi ha spiegato che, grazie all'aiuto di tante persone e amici, aveva frequentato le scuole, imparato ad usare il computer ed aveva anche trovato un lavoro. Mi ha proposto di partecipare ad una riunione dell'associazione, che si sarebbe tenuta la settimana dopo. Era previsto anche un pranzo dopo la riunione e con mio marito ci siamo detti "partecipiamo alla riunione, ma non ci fermiamo  a pranzo,  non siamo  ancora pronti e chissà che atmosfera malinconica ci potrà essere”. Non potevamo sbagliarci di più. Per fortuna alla fine ci siamo fermati, perché abbiamo potuto conoscere meglio molte persone. I partecipanti non erano affatto tristi ma, anzi, scherzavano, ridevano, chiacchieravano e facevano dell'allegra ironia su vari episodi che capitano nella vita di un retinopatico . L'associazione era stata formata da pochi anni e lo scopo principale era quello di collaborare con ricercatori e medici, per avere un'informazione corretta ed aggiornata e spingere  la ricerca per  trattamenti e terapie risolutive.

Perché secondo te vale la pena combattere?

Vale la pena di combattere perché, se non lo fai tu che hai a che fare col problema in prima linea, non ti puoi aspettare che chi lo ignora possa inventarsi di lottare per tè.

Veniamo alla piccola Stella.... Quanti anni ha ora?

Ora ha 9 anni e frequenta la quarta elementare.

Come sta?

La vista è molto compromessa, come dicevo. Per il resto è una bambina sanissima che si ammala raramente.

Cosa dice di se? Essendo ancora così giovane, come percepisce la sua vita?

La bambina ha un carattere allegro, con una grossa capacità di ragionamento, una mente brillante e una grande memoria. È molto sicura di sé, con una grande autostima. Si impone e si difende e non si lascia umiliare da eventuali situazioni che possono capitarle per l'ignoranza altrui. Io credo che anche se ha compreso di avere delle peculiarità diverse, perchè ha dovuto imparare il braille ed ha la maestra di sostegno, la vive come una caratteristica positiva. Ritiene di sapere qualcosa in più rispetto ai compagni, che il braille non lo conoscono, parla continuamente come se ci vedesse, ascolta tutto e inquadra tutto. Io ritengo che un bambino non vedente seguito da persone esperte possa avere opportunità come e forse più di altri.

Parla mai del suo futuro? Tutti i bambini  sin dall'asilo sognano le cose più disparate per il loro futuro. Lei quando parla di domani cosa sogna?

E' una bimba molto curiosa e le piacciono molte cose. Vorrebbe fare tutto ed è entusiasta di qualsiasi novità. Sta imparando l'uso del computer con sintesi jaws, studia pianoforte con un insegnante cieco che le insegna a leggere gli spartiti in Braille, fa parte di un coro, i piccoli cantori, ama farsi leggere libri per ragazzi ma tra poco potrà leggere da sola con il computer e la barra braille. Con la sintesi vocale non c'è lo stesso piacere nella lettura.

Immagino avrà ampiamente fatto un confronto tra lei e gli altri bambini della sua età. Sente che il suo intorno è molto diverso o, crescendo con la consapevolezza della situazione, cresce con lei anche la spensieratezza di affrontare la vita come ogni giorno si presenta?

Credo che essere ciechi dalla nascita sia meno traumatizzante che diventarlo nell'adolescenza o nella giovinezza. Sono convinta che sia consapevole sia dei suoi punti di forza che di debolezza, e sta crescendo nella spensieratezza come ogni altro bambino della sua età.

Quando ti guardi intorno, quando vedi il nostro paese e la mentalità diffusa e la generale percezione del mondo dei disabili visivi, che pensiero hai per il futuro della tua piccola nipotina?

Purtroppo il nostro meraviglioso paese sta andando sempre peggio, sia in campo culturale che come attenzione al sociale. Il futuro sarà difficile per tutti i giovani, ci sono sempre più problemi a trovare un lavoro e per chi ha delle difficoltà e delle debolezze concrete beh, sarà anche più difficile. Impera la cultura della bellezza e dell'efficienza fisica, e si vorrebbe tutto senza sacrifici.  Il paese in crisi  perde in solidarietà e ritiene il disabile un peso  e un costo. Inoltre i politici ragionano a breve termine, non investono in ricerca scientifica e non approfittano delle capacità e del valore dei propri ricercatori. 
Noi abbiamo avuto la fortuna che la regione toscana mostra di avere un occhio di riguardo per le persone con handicap, abbiamo un centro di ipovisione molto efficiente che assiste i bambini 2 volte alla settimana a scuola così da orientare il lavoro delle maestre. Seguono poi la bimba 2 volte alla settimana nel loro centro. La scuola statale purtroppo ha continui tagli e ogni anno le ore di sostegno vengono ridotte. La famiglia  deve darsi molto da fare, certamente, ma una cosa importante è che i parenti si comportino in modo rilassato, concedendo ai figli autonomia, per quanto possibile,anche prendendo qualche piccolo rischio. I bambini spesso ti stupiscono per come sanno gestirsi e porre attenzione in tutto quello che fanno.  Se tutti hanno lavorato bene e cercato di fornire sicurezza, consapevolezza e serenità, allora ci saranno tutti i presupposti per avere una vita normalmente appagante, malgrado tutte le difficoltà incontrate.

Quali sono le tue migliori speranze e i peggiori timori che nutri, guardando il futuro di Stella?

Le migliori speranze è che riesca ad avere un' occupazione che la soddisfi e adatta alla sua personalità. La paura che possa cadere in balia di qualcuno che approfitta di eventuali  momenti di debolezza. In fin dei conti sono gli stessi pensieri di qualsiasi genitore o nonno, no?

Quando capitano quelle giornate davvero dure, impegnative e cariche di emotività, cosa fai o cosa le dici per farle tornare il sorriso?

Siamo spesso insieme. Ridiamo e giochiamo, raramente è triste. A volte è arrabbiata perché non le riesce qualcosa, ma è normale. Abbiamo un motto, fin da quando era piccolissima: "ognuno si deve accettare così com'è”!

Se dovessi dirmi, in due parole, perché la vita resta una cosa preziosa nonostante tutte le sfide che una malattia come la Leber può presentare?

Perché si deve avere sempre della curiosità da soddisfare.

Mi dicevi che la tua nipotina ha una vita piuttosto attiva, e che fa molte attività anche all'aperto. È anche andata a sciare, giusto? Cosa le è sembrato?

Si è divertita moltissimo, ha fatto una settimana bianca in compagnia di adulti, ragazzi e bambini vedenti, ipovedenti e ciechi. Gli insegnanti erano specializzati del gruppo paraolimpico sono stati molto bravi, orientano i bambini con la voce. Lei ha imparato a scendere da un piccolo pendio a spazzaneve, a lanciarsi con lo slittino. Logicamente la pista era tutta per loro. In luoghi troppo affollati ancora ha delle difficoltà a fidarsi totalmente di chi le sta intorno, sopratutto se sono bambini piccoli che corrono e saltellano veloci e lei non può avere la sicurezza nella gestione della situazione.

Ci vuoi raccontare qualche aneddoto della piccola?

Qualche mese fa, mentre camminavamo per strada con il nonno, improvvisamente ha detto: "Perché mi mandate a lezione di  tante cose e vi siete dimenticati di mandarmi a scuola di colori?" L'abbiamo buttata sul ridere, spiegandole che non esiste una scuola di questo tipo, ma che forse ci potevamo organizzare con dei piccoli adesivi di forma diversa da applicare eventualmente a degli oggetti a seconda del colore.

Infine, cosa ti sentiresti di dire a un genitore che, di fronte alla diagnosi di Leber della propria figlia, si sentisse terribilmente sperduto?

Che deve avere nella sua testa un obbiettivo importate, usare tutta la propria forza e consapevolezza per mettere in condizione la figlia di avere i mezzi sia culturali che emozionali per affrontare e superare le difficoltà che inevitabilmente incontrerà. E' talmente prioritario questo obbiettivo che la disperazione passa in secondo piano e si sfuma.






L’amaurosi congenita di Leber è una malattia genetica che colpisce la retina, provocando cecità o grave danneggiamento della vista fin dalla infanzia (in genere l’esordio è nei primi sei mesi di vita). È la causa più frequente di cecità infantile ereditaria, con un'incidenza di 3 casi ogni 100.000 nati vivi. Oltre alla marcata ipovisione, un altro sintomo tipico è il nistagmo, cioè il movimento continuo e incontrollato degli occhi. Si conoscono 15-20 geni associati (quando alterati) all’amaurosi congenita di Leber; nel 5-10% dei casi la malattia è causata da mutazioni del gene RPE65. La trasmissione avviene con modalità autosomica recessiva: perché la malattia si manifesti occorre ereditare le due copie alterate del gene coinvolto da entrambi i genitori, che sono invece portatori sani della malattia.

Translate