PERCHÈ, PRIMA O POI, UNA CURA LA TROVANO... MA NEL FRATTEMPO DIAMOCI UNA MANO PER NON PERDERCI NELLA NOTTE

sabato 28 settembre 2013

CARLO MOBILE PRO


La cooperativa Anastasis di Bologna mette a disposizione questo programma, studiato per l'istruzione secondaria, anche in versione demo per chi lo volesse provare prima di acquistarlo.

Carlo Mobile PRO gestisce libri digitali PDF e li legge con la qualità superiore delle sintesi vocali Loquendo™, direttamente all'interno del testo del PDF in modalità "karaoke". La lettura è attiva anche all'interno di vari ambienti: editor di testi (Word™, OpenOffice™…), siti Internet, e più in generale, su qualsiasi testo selezionabile con il cursore.
Carlo Mobile PRO è dotato di strumenti che aiutano a scrivere i riassunti e a prendere appunti in classe e a studiare a casa. 
I ragazzi possono leggere l'intero testo una prima volta, rileggerlo per singoli brani e scegliere le parti più importanti evidenziandole; quindi possono rileggere gli appunti che vengono creati automaticamente dall'evidenziatore. Poi possono verificare la coerenza del riassunto, rileggendolo con la sintesi vocale ed eventualmente modificarli.

Qui la pagina ufficiale del software.
Qui troverete il listino prezzi.
Per la versione demo, invece, cliccate qui.

giovedì 26 settembre 2013

L'INTERVISTA DI AREA - TORINO

Non poteva mancare anche la mia testimonianza.

Pubblico qui sotto l'intervista che mi hanno fatto gli amici di Area! (Anche se in verità il pezzo è opera mia...)

Come mettere la vita al centro e la disabilità all’angolo: la testimonianza di Donato Di Pierro



Donato di Pierro, 35 anni, bolognese, ha scoperto molto giovane di avere la sindrome di Stargardt (degenerazione maculare giovanile), una malattia ereditaria che aggredisce la retina e compromette progressivamente la vista. Anche se la forma che l’ha colpito si evolve lentamente, la sua vita è già cambiata: usa occhiali speciali e strumenti di ingrandimento, soffre la luce, può ancora guidare (solo di giorno), ma ha rinunciato alla professione di ricercatore e si è reinventato quella di farmacista.
Donato si impegna personalmente per sensibilizzare le persone che non hanno esperienza della disabilità, per sostenere quelle che la vivono e per promuovere la ricerca scientifica. Gli strumenti che ha scelto sono il suo blog e, l’anno scorso, un’iniziativa personale “Scarpinare per la ricerca” che lo ha portato ad attraversare da solo l’Italia, da ovest a est, da Montalto di Castro a Rimini. Ha percorso a piedi (con un breve tratto in bicicletta) 300 chilometri attraverso itinerari naturalistici e storici di Lazio, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna. “Scarpinare per la ricerca” ha avuto l’appoggio della Fondazione Telethon (Donato è stato ospite del programma televisivo “Cose dell’altro Geo”), il patrocinio dall’Atri onlus (Associazione toscana retinopatici ed ipovedenti) ed è stata condotta in collaborazione con Retina Italia onlus (Federazione italiana per la lotta alle distrofie retiniche).

La redazione di Di.To ha chiesto a Donato un’intervista, lui ha generosamente inviato questa testimonianza, contagiosa per entusiasmo e speranza nella vita.  
Grazie da AREA e da Di.To a Donato Di Pierro.


La disabilità… in un mondo che non si ferma alle etichette nei fatti non esisterebbe. Almeno non come termine. Lo dico da disabile, e anche in modo piuttosto convinto. Tutti, in differente misura e ambiti, abbiamo predisposizioni e difficoltà. Ma se uno è completamente negato per il disegno o la matematica, ad esempio, al più si sentirà dire “non ci sei portato” e verrà generalmente spronato a lavorare su se stesso, per trovare la strada più adatta alle sue attitudini. Questo invece non accade quando, per una ragione organica, sussistono limiti fisici e non attitudinali per applicarsi alla vita quotidiana. L’intorno in cui viviamo è così condizionante al punto da essere la principale causa delle sofferenze derivate dalla condizione di disabilità.

Quando, appena ventenne, ho iniziato a capire che molto probabilmente per i miei occhi il futuro non sarebbe stato “normale”, i timori che per primi hanno bussato al mio petto sono stati proprio quelli che rispondono alla domanda “e adesso come faccio a fare le cose normali?” Mi saltava il cuore in gola al pensiero di non poter più essere indipendente per gli spostamenti, di non poter più andare in moto. L’idea di dover essere un giorno costretto a usare lenti ingrandenti per poter leggere un’etichetta al supermarket, mi generava tanta vergogna. Ancor prima del timore per il proprio futuro, lavorativo e personale, le paure riguardano il rapporto con la società e gli altri. Non sentirsi adeguati è il timore che, per primo, fa capolino. Nel mio caso, per indole personale, dopo l’iniziale abbattimento e scoraggiamento ho iniziato a ragionare sull’assunto che “cornuto va bene, ma pure mazziato no!” Ho preso a ragionare con più calma e pacatezza, affrontando le singole emozioni di volta in volta, cercando di non fare appunto l’errore di fasciami la testa prima ancora di aver sentito la botta. Bisogna aver ben presente che non ce la siamo cercata noi questa condizione, e che non c’è nulla di cui vergognarsi per quanto si sta vivendo ma, anzi, bisogna rendersi conto che ci si deve sentire fieri per ogni passo mosso e per ogni ostacolo superato nel quotidiano. Abbiamo ingaggiato una sfida molto più complessa di quanto le persone comuni possano capire.

Ma, appunto nel mio personale caso, dal giorno della diagnosi il pensiero è stato sempre uno: che lavoro potrò fare? Mi ero da poco laureato quando ricevetti l’esito dell’esame genetico che annunciava la mia condizione di malato di Stargardt. Sentii il boato che anticipa il terremoto, ma lo scossone in realtà fu molto più lieve di quel che pensavo. Aver peregrinato anni in cerca di una diagnosi definitiva aveva fatto crescere in me la consapevolezza che il mio futuro, qualsiasi fosse stata la mia malattia, sarebbe dipeso solo da me stesso, dalle mie forze e dal mio ingegno. Abbiamo milioni di anni di selezione naturale alle spalle, e non saranno di certo un paio di retine difettose ad azzopparmi! Per cui, con il motto “di necessità virtù”, ho iniziato a riscrivere molti capitoli della mia vita.
Uno fra tutti, ho colto l’occasione della necessità relativa al limite dovuto alla mia difficoltà negli spostamenti per cambiare lavoro, riducendo anche il numero di ore lavorative e, gioco forza, il mio stile di vita. Ho guadagnato tanto tempo riappropriandomi della serenità che mi serviva per razionalizzare la mia esistenza e quella di chi vive nella mia realtà. Ho recuperato tutte le passioni prima sacrificate per il lavoro (suonare, leggere, scrivere, fare trekking). E a queste se ne sono affiancate altre di nuove, alcune finalizzate anche a creare possibilità lavorative per me sostenibili.

Il nuovo equilibrio cui ho iniziato a tendere mi ha anche permesso di rivedere una ferma posizione su cui avevo piantato profondissimi paletti. Alla notizia della natura genetica ed ereditaria della mia malattia avevo, infatti, deciso che non avrei avuto mai figli. “Che brutta persona sarei nel mettere al mondo un figlio col rischio di fargli passare tutto quello che sto vivendo io?”, ripetevo alla mia anima e alla mia compagna. Lei non era per nulla d’accordo con la mia posizione, ma un figlio si fa in due.

Immaginandomi padre, pensavo subito al fatto che non sarei potuto andare a prendere mio figlio a scuola, che non lo avrei potuto portare in giro con l’auto a visitare posti e luoghi, che non sarei stato capace di aiutarlo a fare i compiti perché non leggo se non sto a dieci centimetri da un foglio scritto grande, che non avrei saputo raccontargli e leggergli le favole perché non potevo prendere un libro e mettermi a leggere, facilmente, la sua favola preferita vicino al suo letto prima che si addormentasse. Pensavo a quanto si sarebbe potuto vergognare di un padre che va a tre cilindri, incapace di fare tante delle cose che gli altri padri invece fanno con naturale disinvoltura, o di quanto mi avrebbe potuto maledire se, un giorno, avesse manifestato anche lui i segni della Stargardt.

Quanta paura, quanti timori.

E invece, quando ho capito che nei fatti la mia condizione rappresenta una concreta chance per costruire un’esistenza mirata all’essenza della bellezza della vita stessa, scaricando molta della zavorra che normalmente ci appesantisce inutilmente, allora ho scardinato quei pesanti paletti che avevo piantato.
Ho deciso che la vita è una cosa troppo bella per farsi spaventare, anche da una malattia.

È nato così il mio piccolo Massimo, uno splendido pupetto sveglio e curioso.

Sono strane le vicende della vita.

Non si può davvero mai sapere cosa ci attende domani. Era lì davanti a me, a poche ore dalla nascita, esausto e indifeso nella sua culla di ospedale, quando a un tratto la mia mente ha preso a elaborare possibili soluzioni ai problemi che, fino a nove mesi fa, mi stavano per far rinunciare a questa meraviglia della vita. “Non posso portarti in giro con l’auto?” pensavo, “beh allora mi prendo una bici pieghevole e con te sul carrello agganciato dietro ti  porto in giro per il mondo, ovunque potrà accompagnarmi un treno o un aereo. Con i soldi risparmiati, non avendo io bisogno dell’auto, sai quanti giretti ci faremo io te e la mamma?

E, visto che non posso lavorare troppe ore per non affaticare la vista, avremo tanto tempo per stare insieme, per giocare e per scoprire le bellezze del mondo, semplicemente stando uno al fianco dell’altro.
E se non riuscirò a vedere bene una marmotta che sta sfuggendo schiva, o un gatto selvatico che sta cacciando nel folto del bosco… piccolo mio, ci sarai tu ad indicarmi dove poter indirizzare il mio monocolo ingranditore per poter vedere anche io. E ti leggerò con gli e-reader tutti i libri e le favole che vorrai…anzi, te ne scriverò io di nuove, inventandole di volta in volta dopo ogni nostra nuova avventura!”

martedì 24 settembre 2013

ANASTASIS E PERSONAL READER

La cooperativa ANASTASIS, con sede a Bologna, è una vera e propria Software House che sviluppa prodotti che a noi possono davvero essere utili, se non proprio indispensabili.

Primo fra tutti è il famosissimo Personal Reader.






Se avete problemi a visualizzare il video cliccate qui.

Qui trovate il loro CANALE YOUTUBE,

http://www.youtube.com/user/SWAnastasis

Ci sono tanti video che illustrano i loro prodotti e servizi.

giovedì 12 settembre 2013

SERVIZI INFORMATICI

La tela del ragno s.r.l. è una azienda di Varese che offre dei servizi informatici davvero utilissimi per molti di noi.

Eseguono trascrizione di libri scolastici e digitalizzazione degli stessi nei formati a noi più utili. Organizzano corsi e forniscono assistenza informatica, ma anche supporto hardware come adattamento dei pc personalizzati, screen readers, sintetizzatori vocali, e così via.

Hanno anche convenzioni per i correntisti di Banca Etica.


Per chi li volesse contattare ecco un pò di riferimenti:

Email: lele.violini@teladelragno.it
Tel.: 0332 169 0510 - 331 61 54 756
Sito web: www.teladelragno.it
Facebook: www.facebook.com/Lateladelragno


Se qualcuno invece si trovasse in zona, ecco il loro recapito:

Via baraggia 6, int 3U
21100 Varese

 

RETINA ARTIFICIALE ALL'IIT DI GENOVA

Questo video parla più chiaro di ogni altra possibile spiegazione!


A brevissimo un riassunto dell'articolo pubblicato su Nature dalla stessa equipe dell'IIT di Genova!

venerdì 6 settembre 2013

Imola 14 Settembre 2013 - Appuntamento con i Fiori di Bach

Una preziosa occasione.
Un grande evento gratuito.
Per chiunque lo desideri.


Per info e Prenotazioni
0542/782279

giovedì 5 settembre 2013

I FIORI DI BACH

E' con immenso piacere che pubblico questo post.
Chi lo ha scritto è la mia compagna, practitioner abilitata e iscritta alla Bach Foundation (UK)
Potrei raccontarvi la mia personale esperienza con questi rimedi, ma appunto è strettamente personale non vorrei potesse condizionare qualcuno. Vi invito a leggere queste interessantissime righe!



 Star of Bethlem - Lonardo Da Vinci


Cosa sono i fiori e come agiscono


I 38 Rimedi Floreali del Dr. Bach agiscono trattando l'individuo e non la malattia.

Il loro effetto benefico si esplica riequilibrando la propria condizione emotiva, che in alcune situazioni della vita può risultare alterata, con effetti negativi sulla pace e armonia della persona. Il benessere deriva dal trasformare un atteggiamento negativo in positivo, sviluppando con il Fiore la virtù opposta al difetto responsabile del conflitto interiore. Il metodo dei fiori è semplice, privo di tossicità, compatibile con l'assunzione di farmaci con i quali non interferisce, ed è comprensibile da chiunque.



Chi era il dr. Edward Bach


Il dr. Bach visse a cavallo tra il 1800 ed il secolo scorso in Inghilterra e fu un illustre medico omeopata ed immunologo. Scoprì infatti dei “nosodi” (sorta di vaccini) che vengono tuttora utilizzati nella pratica dell'omeopatia. Nel corso della sua carriera iniziò ad osservare il comportamento umano e a relazionarlo con l'insorgenza della malattia e con la risposta che ciascun individuo dimostrava. Grazie alla sua grande sensibilità intuì che nella natura esistevano dei fiori con caratteristiche riconducibili alla natura umana, e che le virtù di queste piante avrebbero aiutato le persone a ritrovare il loro equilibrio.

Si era infatti convinto negli anni che la medicina si era allontanata dall'individuo e valutava solo i sintomi fisici della malattia, senza considerare le implicazioni emotive sulla persona.

Per il dr. Bach il medico del futuro dovrebbe essere una guida per il proprio paziente, che dovrebbe avere d'altra parte un ruolo attivo nel suo processo di auto-guarigione.

Il malato spesso subisce la cura dettata dal medico, mentre la “salute è il nostro patrimonio, un nostro diritto. E' la completa e piena unione tra anima, mente e corpo. Non è un ideale così difficile da raggiungere ma qualcosa di facile e naturale che molti di noi hanno trascurato.”

Quali emozioni ci sono dietro i nostri sintomi fisici? “Dietro ogni malattia ci sono le nostre paure, le nostre ansie, i nostri desideri, le nostre preferenze, e le nostre antipatie”.

Un'auto-analisi ci permetterà di riconoscere quel difetto responsabile del conflitto tra spirito e mente, ma “se si combatte contro un difetto se ne accresce la forza perché la nostra attenzione rimane concentrata su di esso e si instaura un'autentica battaglia. Se si dimentica il difetto e consapevolmente ci si sforza di sviluppare la virtù che lo renderebbe impossibile allora questa è vera vittoria”. I fiori di Bach ci aiuteranno proprio con il potenziale positivo del fiore stesso.

“Un altro fattore di successo sta nell'avvertire il sapore della vita e guardare all'esistenza non come ad un dovere da compiere fin dalla nascita con tutto il peso possibile, ma come una gioia da vivere nell'avventura del nostro viaggio sulla terra.”
Ed infine, sempre citando direttamente il Dr. Bach, dobbiamo seguire solo i comandamenti della nostra Anima, senza farci deviare dalle influenze esterne, “dirigendo la nostra barca sulle onde agitate della vita senza mai allontanare il timone dalla rotta, o affidare ad altre mani il governo della nostra nave”.


Come utilizzare i fiori per affrontare la Stargard

A questo punto viene da chiedersi, come utilizzare i fiori nella vita di tutti i giorni?

I Fiori di Bach hanno un ottimo effetto su:

  • situazioni di emergenza estrema;
  • improvvisi cambiamenti di stati d'animo;
  • emozioni profonde;
  • tratti caratteriali;
  • percorso di crescita personale.

I fiori possono aiutare ad affrontare le paure concrete legate alla malattia infondendo coraggio (Mimulus), ad acquistare la fiducia e la speranza nei momenti di incertezza e dubbio (Gentian) o profonda disperazione (Gorse), possono dare conforto a chi si trova nello stato di shock fisico o mentale a seguito della diagnosi (Star of Bethelem) oppure infondere tranquillità prima di momenti difficili, o durante attacchi di ansia e di panico (Rescue Remedy). Qualcuno potrebbe reagire alla malattia logorandosi con pensieri ossessivi e incontrollabili, che frullano nella testa come un disco rotto ed aver bisogno di riacquistare serenità d'animo (White Chestnut); qualcun altro potrà farsi prendere dal risentimento e dall'amarezza e il rimedio lo aiuterà a perdonare e a non sentirsi vittima (Willow). Questi sono solo alcuni esempi, ciascuno di noi è un essere unico, con una propria personalità e un proprio bagaglio emotivo che fanno reagire in molteplici modi alle esperienze della vita.

Come per qualsiasi patologia, anche per le degenerazioni retiniche i Fiori non possono in alcun modo intervenire sulla malattia e non si sostituiscono ad alcuna pratica medica. Ogni individuo ha una propria personalità e quindi seguirà un suo percorso per accettare e affrontare malattie che come queste influenzano enormemente la vita di tutti i giorni, e le relazioni con chi ci è attorno. Per questo i Rimedi possono essere di supporto nelle situazioni difficili che si incontrano in questo cammino, e riequilibrare stati d'animo che portano a instabilità, sofferenza, dubbi, paure, rancori,

pessimismo, apatia, angoscia, ...




Contatti

Mi chiamo Elena, sono una farmacista e “Practitioner” della Bach Foundation.

Il practitioner è un insegnante, il suo compito è quello di fare da guida grazie all'esperienza e alla conoscenza dei Rimedi ma, come credeva fermamente in Dr. Bach, ognuno di noi è responsabile della propria salute, che non può delegare ad altri. Per questo il consulente si limita al ruolo di educatore, che aiuta la persona a riconoscere la forza di auto-guarigione che conserva in sé come parte integrante e fondamentale della sua vita.

II pensiero del Dr. Bach mi affascina enormemente per la sua semplicità ed è per me un'ulteriore conferma che la Natura ha tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno per vivere e per stare bene.

Per qualsiasi curiosità, chiarimenti o per eventuali consulenze potete contattarmi tramite questo blog, lasciando la vostra email che non verrà resa pubblica.



Bibliografia

Edward Bach, “Guarisci te stesso, I dodici Guaritori e altri Rimedi”, Ed. Nuova Ipsa.

Nora Weeks, “La vita e le scoperte di Edward Bach”, Guna Editore.

Stefan Ball, “I Fiori di Bach- Corso pratico in sette giorni”,Wigmore Publications Ltd.


Siti di approfondimento




mercoledì 4 settembre 2013

RICCARDO E ARGUS 2


Riccardo è affetto dalla Retinite Pigmentosa. La vista gli è stata tolta molto presto dalla malattia.  È inclemente questa belva, non lascia scampo alla retina. Porta buio, ma non solo. Alcuni pazienti che hanno completamente perso la capacità di vedere, a volte devono sopportare scherzi terribili da parte delle loro retine. Nel buio perenne può capitare, per qualche strana ragione, che le dormienti cellule fotorecettrici inizino a trasmettere luce e lampi di intensità insopportabile. Ma da questi potenti bagliori non si può fuggire, non basta chiudere gli occhi per non vederli. Vengono da dentro, dalle retine, e squarciano la perenne notte con fitte dolorose. Una trappola da cui non si fugge.

Riccardo decide di sottoporsi ad un intervento pilota, per non dire pionieristico. Il prof Stanislao Rizzo, della AO di Pisa, assieme alla sua equipe dovrà fare qualcosa che, fino a pochi decenni fa, era pura fantascienza. Impiantare un chip sulla retina spenta di Riccardo, collegandola al tessuto nervoso. Questo chip è a sua volta connesso via radio anche con un trasmettitore, montato su occhiali da sole quasi del tutto normali, se non fosse che nascondono,  dove c'è il ponte che unisce le due lenti, una microcamera. Questa ha il prezioso compito di riprendere ciò che gli occhi di Riccardo dovrebbero vedere. Le immagini raccolte vengono inviate in tempo reale ad un computer, agganciato alla cintura, di dimensioni simili a quelle di un normale borsello da uomo. Qui vengono convertite in sequenza di impulsi elettrici e la codifica ottenuta viene inviata via radio al chip montato sulla retina dell'occhio destro. È infatti questo l'occhio “battezzato” per l'intervento. Per ovvie ragioni se ne impianta uno solo, lasciando l'altro per eventuali nuovi approcci.
Attraverso le connessioni del chip con le cellule bipolari della retina gli impulsi elettrici che giungono al micro chip vengono infine inviati al nervo ottico e, da qui, al cervello.
Sulla carta questo è quello che dovrebbe accadere.

L'intervento inizia. E' lungo e prevede l'anestesia generale? Si tratta di una vera e propria opera d'arte quella che il prof Rizzo esegue, sotto gli attenti occhi e la guida Dr.ssa Maura, l'ingegnere biomedico della Second Sight che ha sviluppato questo prodigio tecnologico. Dopo 5 ore di intenso e delicato lavoro l'intervento si conclude.
Riccardo si sveglia e affronta con serenità i giorni di recupero post operatorio. L'occhio è infiammato, gli fa ovviamente male: la terapia cortisonica che gli viene prescritta cercherà di contenere il gonfiore e l'eventuale rigetto del chip. Si tratta pur sempre di un corpo estraneo introdotto in una struttura che potrebbe riconoscerlo come non gradito.
I giorni passano, le ferite guariscono completamente e, finalmente, arriva il momento della verità. 
Verrà acceso Argus 2.
C'è tanta attesa ed apprensione. Funzionerà? Cosa succederà? Sarà doloroso? Sarà di qualche utilità nel migliorare concretamente la qualità di vita di Riccardo o saranno state solo inutili le sofferenze dell'intervento? 
Non solo chi ha preso parte a questa avventura è in attesa: tutto l'ospedale di Pisa, circa cinque mila persone, sta letteralmente col fiato sospeso.
I medici e gli ingegneri di Second Sight danno l'ok: Riccardo indossa gli occhiali e Argus viene acceso.
Le belle notizie volano veloci e dirompono come fulmini a ciel sereno. In un attimo l'intero ospedale esulta.
Riccardo vede qualcosa. 
Di nuovo!

Oggi lui è qui davanti a noi, soci ATRI e non, a raccontare quegli attimi.
Al suo fianco ci sono le persone che hanno reso possibile questo grande regalo.

“Quel giorno, in cui dopo tanti anni ho rivisto, mi sono sicuramente emozionato”, racconta a noi mentre lo ascoltiamo col cuore che già batte forte e con le prime lacrime pronte a rigar i il volto. E con la voce che improvvisamente si rompe per la potente emozione lui continua "al di là di ogni altra cosa, appena ho iniziato a vedere di nuovo ho subito iniziato a cercare una sagoma in particolare, che ancora non avevo mai visto perchè quando è nata già non ci vedevo più. Si tratta della sagoma di mia figlia". Personalmente non ho saputo più trattenermi ed un singhiozzo, insieme a copiose lacrime, hanno svelato la mia commozione.
Riccardo ora può vedere delle sagome in bianco e nero e questo gli consente di riuscirsi a orientare con maggiore facilità e precisione, sebbene il bastone sia ancora uno strumento fondamentale.
“Ora vedo la forma della testa, la sagoma delle spalle, la linea di una macchina o di un altro veicolo. Quando entro in un bar posso girare la testa e parlare direttamente al barista senza dover chiedere il caffè a qualcuno, magari girando la faccia dalla parte opposta". Prosegue poi, "pure in treno, se non è troppo affollato, alle volte riesco ad individuare un posto libero e distinguerlo da quelli occupati, anche se prima di sedermi per sicurezza chiedo e allungo una mano. Sai la figura sederai su una borsa o su una signora che non ho visto...”, e tutti scoppiamo in una risata che allenta la tensione che i nostri cuori hanno caricato ascoltando le sue parole.
Ma non è stato proprio tutto facile per Riccardo. Dopo aver acceso Argus è iniziata la parte più difficile della storia. Imparare a usare la vista artificiale non è una passeggiata. Noi si è abituati a muovere gli occhi per cercare qualcosa o per seguire oggetti in movimento, e il nostro cervello ha ben consolidato questo tipo di meccanismo. Imparare a guardare le cose e a studiare l'ambiente circostante usando questo terzo occhio, fissato nel mezzo della faccia, non è proprio diretto ed intuitivo.
“CI vuole pazienza, esercizio, ma ci si riesce. E poi”, concliude Riccardo “dopo anni nel buio totale io faccio tutto quello che posso perchè ora ci vedo. Ci vedo, capite?! Ora è tornata la luce a farmi compagnia”.

Non mi stancherò mai di ripeterlo. La scienza e la tecnica sono quanto di più prezioso l'intelletto umano ha prodotto. Costituiscono gli strumenti fondamentali per migliorare il nostro futuro e garantire il successo della specie bipede più bizzatrra che esista, a cui la natura ha donato un estro formidabile su cui plasma la sua fortuna. La versione installata su Riccardo si chiama Argus 2 in quanto rappresenta una seconda generazione di chip, e questo la dice lunga sulle potenzialità che potrebbe avere l'Argus n-esimo, un giorno di un futuro molto più prossimo di quanto potremmo aspettarci. Le cose nella scienza cambiano a ritmi frenetici: quello che ieri era follia di un visionario domani potrebbe già essere stato superato, e le frontiere dell'ingegneria biomedica hanno confini che sempre più frequentemente debbono essere riscritti. E così, se l'attuale Argus 2 consente di vedere sagome in bianco e nero, il futuro ci porterà impianti che permetteranno di vedere magari in 3D e a colori. 
E sono le anime coraggiose e caparbie come Riccardo a far si che questa corsa per la lotta a queste terribili malattie possa diventare concreta e, un giorno, risolutiva.

Video 1 (descrizione impianto chirugico)
Video 2 (Storie di vita coraggiosa)






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