Questo è il punto più critico delle nostre storie.
In una società come la nostra, dove sembra non esserci spazio per chi non è al 100% con tutti e cinque i sensi, non appena si apprende di avere una patologia retinica degenerativa si finisce subito col pensare "oddio, e adesso che faccio!".
Il lavoro, ma anche l'autonomia, la possibilità di provvedere per se stessi e per chi ci sta intorno: non è una cosa facile da gestire, lo sappiamo bene.
Che fare? Come fare?
Le possibilità di lavoro ci sono, e non sonno neppure così poche, ma non necessariamente vanno bene a tutti. Una cosa di cui sono convinto fermamente è che non si debba per forza ripiegare su un’occupazione per il solo aver di che vivere. Possiamo continuare ad avere ambizioni e sogni, anche in ambito professionale, anzi dobbiamo avere qualcosa che ci stimoli a continuare la nostra guerra.
Chi, come me, ha il grandissimo lusso di poter beneficiare ancora di un buon residuo visivo deve fare di tutto per apprendere quante più cose può, in tutti gli ambiti, finché è in tempo.
“Impara l’arte e mettila da parte”, come dicevo in un altro post, non è solo un bel proverbio. Quello che riusciamo a imparare oggi potrebbe rivelarsi di vitale importanza domani, quando farà notte.
I sensi ci guidano, ma ci forviano a volte, spingendoci a credere che senza la vista non sia possibile fare granché. Ripensate nuovamente, per l’udito, al caso di Ludwig Van Beethoven…
Come è normale in questi casi, il nostro cervello compensa probabilmente la carenza di uno dei 5 sensi consentendoci una maggior attenzione agli altri quattro. Lo sto nettamente sperimentando, giorno dopo giorno.
In merito all’udito, lo sto riscoprendo differente dal passato; spesso mi ritrovo a notare la bellezza di alcuni suoni che normalmente ritenevo insignificanti. Mi capita di analizzare e considerare gradevole il suono prodotto dalle scarpe sui ciottolati e selciati. Ancora, mi trovo spesso completamente assorto nell’ascolto della “melodia” prodotta dalle mani della mia compagna mentre scrive con la tastiera del pc. Sto imparando che i suoni possono essere davvero vari e piacevoli, se ascoltati e compresi a fondo. Non posso però dire che il mio udito si sia acuito da quando la vista mi è peggiorata, ma di sicuro sto vivendo questo senso in modo totalmente differente.
Gusto e Tatto sono i due sensi che, ad oggi, posso reputare dominanti in me. Oltre che a regalarmi una maggiore e più spiccata sensibilità verso ciò che tocco o che porto alla bocca, mi rendo conto lucidamente che riesco ad analizzare molto più profondamente le informazioni che queste vie sensitive portano al mio cervello. E di conseguenza riesco ad attuare una sorta di nuova comunicazione per mezzo di queste vie. Non è facile spiegarlo: è come se, comprendendo meglio il sapore degli ingredienti base della mia alimentazione, ora io sia in grado di immaginare in modo più creativo e ampio l’effetto dell’abbinamento tra differenti alimenti, azzardando anche il tentativo di interpretare da un punto di vista emozionale un piatto. E quindi, perché non ipotizzare di poter lavorare in cucina? Magari in un agriturismo, uno di quelli veri però, in cui è possibile lavorare con ritmi compatibili con un cuoco che non è proprio un falco. A Firenze ne esiste uno famosissimo, che in verità è una cooperativa, in cui lavorano solo diversamente abili che, con le loro differenti abilità, offrono esperienze gastronomiche nuove per i comunemente abili.
Lo stesso accade, seppur in forma differente, con il Tatto. Come molti compagni di (s)ventura, mi sono accostato timidamente al mondo del massaggio: un vero mare magnum! Per una questione di pura empatia ho trovato interessante l’approccio della Medicina Ayurvedica all’uso del massaggio, così ho deciso di iscrivermi a un corso qui a Bologna. Una vera rivelazione! Oltre ai concetti fondamenti della Medicina e Farmacologia Ayurvedica, che ho scoperto essere estremamente interessanti ed utili anche per la nostra visione di terapia, mi sono reso conto che con il tocco mi è possibile stabilire una comunicazione. Anche solo come esperienza fine a se stessa la reputo un’occasione di arricchimento incredibile. Chiudendo gli occhi e attuando le manovre previste dalle metodiche ayurvediche mi rendo conto che si ricevono tantissime informazioni dalla persona che si sta trattando, e che al contempo si prende coscienza di una sensibilità che porta ad aggiustare pressione e forza dei movimenti delle mani in modo naturale. Ed è una cosa estremamente appagante, al punto che mi sono appassionato di questa scienza orientale e ho iniziato a praticare il massaggio ayurvedico con oli medicati. Attualmente la sto vivendo come sola esperienza formativa personale, in quanto mi ha aperto scenari nuovi nell’ambito della mia attuale professione di farmacista, ma non posso negare di covare il desiderio di poterne fare di più in futuro.
E questo di più potrebbe anche darmi da vivere un giorno; si tratta di una potenziale professione retino-sostenibile, nel senso che buona parte dei massaggi già li pratico con gli occhi chiusi, per cui a prescindere dalla mia amica Stargardt potrebbe essere benissimo una strada percorribile!
Ma ancora vedo abbastanza bene, per cui non posso fermarmi qui. Ho intenzione di approfondire le mie conoscenze ayurvediche, ma voglio apprendere anche almeno un’altra tecnica di massaggio, come quello Tradizionale Thailandese. Sempre per una questione di pelle, è una tecnica che mi da l’idea di avere un riscontro rapido sul benessere del ricevente, e inoltre è decisamente opposta a quella ayurvedica come dinamica, apparendomi “più forte ed energica”.
Della musica ne avevo parlato in un precedente post, ma ad essere onesti nel mio caso credo resterà più una passione che un filone in cui riporre concrete speranze. L’Italia non è particolarmente attenta e generosa con gli artisti, soprattutto in ambito musicale. Resta il fatto che non si sa mai e che la musica è un’arte nobile che fa bene alla vita di chi la esercita e di chi gli sta intorno, per cui di sicuro continuerò nell’esercitarmi. Poi magari finirò in una band di liscio romagnolo, ma chi lo può dire?
Altra cosa che ho intenzione di provare a fare è un corso di pittura. Sono sempre stato una terribile capra nel disegno e lo vivo da sempre come un cruccio, al punto che quando la mia compagna mi regalò alcuni anni fa un set di tempere e pennelli sono stato felicissimo: l’idea di cimentarmi da adulto nella pittura mi ha riempito di voglia di fare e di provare, anche se il risultato non è stato notevole. Ma visto che non ho la pretesa di essere un grande della pittura, e visto che eccetto i grandi, appunto, in genere non si nasce imparati, ho la ferma intenzione di frequentare un corso per apprendere le nozioni basilari della pittura.
Ma che pretendi, adesso, di diventare un pittore famoso? Mi si potrebbe chiedere. No, assolutamente, però sono convinto che potrei trasmettere qualcosa agli altri imparando a riportare sulla tela come percepisco il mondo attraverso i miei occhi malandati. Non esiste una maniera univoca di guardare, né di interpretare ciò che si vede.
Da quando ho aperto questo blog, invece, ho scoperto il piacere dello scrivere. In verità fin da piccolino mi piaceva dilungarmi nei temi di scuola o tenere diari. Farlo con un razionale differente, scrivendo per divulgare quello che so e per cercare di creare una condivisione con chi è nella stessa mia barca ha un sapore decisamente nuovo. Interessante, di sicuro, ma soprattutto stimolante. Come poi alcuni amici di Retina Campania e della Atri Toscana onlus mi hanno suggerito, posso considerare di fare altrettanto per riviste di divulgazione scientifica, magari ampliando gli ambiti di applicazione. Ohi, e poi perché no, proprio perché non si sa mai nella vita mi sono messo a sviluppare una traccia di un tema che feci ben 27 anni fa, a scuola, e che sta diventando una sorta di libro per ragazzi. Anche qui: sicuramente non lo leggerà nessuno, se mai dovessi finirlo e auto pubblicarlo… ma tanto che ci perdo?
Non so se lo sapete, ma pure Staphen King ha la Stargardt e la fantasia di certo non gli manca!
Ben chiaro, esistono poi tutte le possibilità occupazionali per le categorie protette: le varie associazioni di retinopatici, le sedi dell’Unione Ciechi e i vari sindacati ne sanno davvero tanta in merito. Se ne è parlato più volte anche in varie discussioni, che trovate a questi due collegamenti.
Se riusciamo a capirci, guardandoci dentro, imparando a non nascondere a noi stessi la verità su quello che ci attende, sono convinto che facendo di necessità virtù potremo trovare possibili strade da percorrere.