La luce come nemica.
Sembra una frase d'effetto, ma per un retinopatico è una quotidiana realtà.
Ogni giorno le radiazioni luminose sono in agguato, pronte a raggiungere le nostre sofferenti retine, aggredendole e favorendone la degenerazione.
Non sempre è così, ma nel caso di chi è affetto dalla Stargardt la musica è questa. La dannata radiazione blu del vicino ultravioletto è la nostra peggior nemica.
C'è chi non accusa sintomi acuti, altri come me manifestano fotofobia solo se particolarmente stanchi o se influenzati; ci sono poi retinopatici a cui la luce causa proprio dolore acuto. Un paio di volte mi è capitato di sperimentare una fotofobia acuta, ed è stato come sentire ogni singolo fotone penetrare l'occhio come un ago penetra la carne. Un nugolo di spilli pronto ad invadere il bulbo oculare, ad ogni battito di palpebra.
In questo frangente, almeno per il momento, la sorte sembra abbia deciso di essermi favorevole. A parte i rari eventi di fotofobia, in linea di massima me la cavo abbastanza bene, soprattutto avvalendomi dei mie cari dispositivi di fotoprotezione individuale.
Ma, in generale, sia a casa che nel tempo libero, abbiamo una certa libertà di azione, per cui possiamo mettere in atto tutti gli stratagemmi che reputiamo utili allo scopo di fotoproteggerci.
Il discorso cambia, però, laddove non ci sono tali possibilità. Mi riferisco all'ambiente di lavoro in particolare. Sì, perchè se è vero che a casa o a spasso possiamo tenere le luci soffuse, chiudere le tende nelle ore più luminose, indossare occhiali specifici protettivi o anche cappelli con una bella tesa ombreggiante, quando siamo al lavoro tutti questi comportamenti diventano spesso di impossibile attuabilità.
A peggiorare tale situazione c'è poi tutta una serie di strani meccanismi che sembrano impedire che l'ovvio possa diventare applicabile.
Un esempio può chiarire di cosa parlo.
Al lavoro ho sopra la mia testa 6 lampadari, costituiti ciascuno da 4 potentissime lampade alogene. Si tratta di 24 fari che sparano luce 24 ore su 24! L'area in cui esercito la mia professione di farmacista è perciò illuminata in modo davvero davvero intenso, tanto che spesso anche i clienti avventori lamentano il fastidioso riverbero di qeuste luci. Ingialliscono nel tempo persino i vari flaconi contenenti bagni schiuma, shampoo e creme.
Alle mie richieste di intervento mi è stato più volte ripetuto che sostituire tali lampade, per il momento, è troppo costoso e che, almeno per quest'anno, non se ne parla.
E son due anni che batto su questo tasto...
Il punto è che tutta questa situazione si traduce per me nella obbligatoria necessità di portare al lavoro lenti medicali con filtro a 400nm, piuttosto scure e di colore arancio scuro, di cui ho anche parlato in un precedente post. Ma non è tutto qui: alle volte capita che la sera torno a casa con dei mal di testa tonanti, e questo inizia ad essere davvero seccante, se non intollerabile.
Basterebbe, in verità, smontare la metà delle lampadine per dimezzare immediatamente le emissioni, ma forse è troppo antiestetica come soluzione...
Questo è solo un piccolo esempio di come può essere complessa la vita di un retinopatico, senza andare a sforare in questioni troppo complesse.
Le difficoltà per noi possono celarsi anche dietro la cosa più naturale ed ovvia del mondo, ma come spesso accade basterebbe un po' di comprensione e sensibilità per risolvere questi piccoli grandi problemi.
In Italia stiamo tutti molto attenti a scegliere le parole giuste per non urtare le altrui sensibilità, riempiendoci la bocca belle frasi d'effetto e dispensando promesse con disinvoltura. E quando si deve passare ai fatti ecco che casca l'asino, e ci riveliamo per quelli che siamo nel profondo: dei sani e fieri ipocriti.
Ma, a onor del vero, posso affermare che preferirei non dover temere l'eccessiva esposizione a luce intensa ed essere chiamato tranquillamente
handicappato, evitando così falsi buonismi e inutili rischi per le mie fragili e disastrate retine.
Pertanto mi sento di dover rivedere l'affermazione iniziale di questo post, perchè in realtà, come sempre, è l'insensibilità la vera nemica da temere.
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