Le parole che seguono nascono dalle dita di Antonella. E le voglio regalare a voi. Una donna, un cuore, un mare di sogni e desideri...
Io .... e la Stargardt
Scrivo… scrivo ciò
che vorrei riuscire a trasmettere.
Sono gli stati
d'animo, il dolore e le gioie di una condizione di vita non voluta, ma
capitata. Un destino al quale nessuno può opporsi, che probabilmente era
scritto.
Non si può scegliere
se averla o non averla.
Ma si può scegliere
se essere comunque sereni, felici o perlomeno vivere al meglio nonostante
tutto.
Nonostante ci
sembri crollare il mondo addosso.
Renderci conto di quanto non conosciamo
noi stessi . Di quante siano le fonti sconosciute che abbiamo e quante capacità
si nascondono dentro di noi.
Correva
l'anno 1996.
Vita
normale, i classici sogni di una normalissima ragazza di 24 anni, la cui
passione è il cucito, la moda, la pallavolo.
Niente
di straordinario.
Lavoravo
presso una ditta artigianale di confezioni tessili.
Qualcosa
però cambiava nella mia vista. Mi dicono che non può aumentare la gradazione
delle lenti. Al massimo si possono prescrivere occhiali da riposo.
Io
non discuto e non mi preoccupo.
L'anno
seguente il problema si fa più consistente. Giocando a pallavolo mi accorgo che
non riesco a tenere la traiettoria della palla. La vedo partire, poi scompare ,
per poi riapparire all'improvviso.
Arrivo
tardi sulla ricezione a causa di questo strano effetto.
Allora
faccio visita oculistica. L'oculista non crede che non vedo. Mi dice con tono
scherzoso, ma allo stesso tempo preoccupato “eeeehhh , cosa sei diventata orba tutto sul colpo?”.
Il
mio visus era precipitato a 5/10 sull'occhio dx e 6/10 sul sx. Mi dilata la
pupilla e la sua espressione si fa cupa.
Mi
chiede se ho preso farmaci , se mi è capitato qualcosa durante l'anno. Poi mi
prenota urgentemente una fluorangiografia.
In meno di 20 giorni l'esame è fatto.
Chi lo esegue esclama “ tanta fretta, tanta
fretta ,tanto non c'è niente da fare !!“.
Parole
che risuonano nella mia testa ancor oggi . Ma in quel momento non capivo , non
riuscivo a rendermi conto di cosa stesse succedendo ai miei occhi. Andai col
referto dal mio oculista.
E'
stato una degna persona.
Con
il tatto e la delicatezza possibile, con uno sguardo dispiaciuto e sconsolato,
mi comunica che sono affetta dalla malattia di Stargardt. “Malattia
rara, non ti so dire quale sarà
il suo corso. Potrebbe rimanere così per anni... oppure no. Purtroppo
non si sa un gran che, è rara !!”
Da
lì c'è stato un susseguirsi di visite a destra e a manca. Treviso in
Day-hospital, poi Padova, fino a quando
, in uno studio privato , un medico mi chiede per quale ragione fossi andata da
lui.
Io
gli rispondo che era per sentire un altro parere, per vedere se c'era
qualcosa da fare . Ma lui mi risponde che è inutile ostinarsi, andare in
giro da un ambulatorio all'altro. “Qui non c'è un semplice parere di qualcuno,
ma ci sono degli esami strumentali che parlano chiaramente. Perciò è inutile
che ti ostini a girare. Non c'è al momento nulla da fare. Il giorno che verrà
fuori qualcosa sono certo che anche il tuo oculista più vicino a casa ne verrà
a conoscenza “.
Da
quel momento le mie visite di controllo le ho fatte all'ospedale di Chioggia.
Sconsolata ,timorosa del futuro, arrabbiata col mondo.
Dovevo comunque pensare a cosa fare “da grande”. Quale strada prendere, in alternativa al lavoro che svolgevo.
Dovevo comunque pensare a cosa fare “da grande”. Quale strada prendere, in alternativa al lavoro che svolgevo.
Sì!
Perchè non avrei potuto cucire ancora
per molto...già la mia vista non era un gran che... già avevo grosse
difficoltà.
Ricordo
che durante un esame in elettrofisiologia all'ospedale di Padova, l'oculista
che lo eseguiva era accompagnata da alcuni
dottorandi.
Disse loro di osservare attentamente la mia retina “perchè casi così li vedrete solo in elettrofisiologia e ne vedrete , se ne vedrete , solo uno o due in tutta la vostra vita!”
Disse loro di osservare attentamente la mia retina “perchè casi così li vedrete solo in elettrofisiologia e ne vedrete , se ne vedrete , solo uno o due in tutta la vostra vita!”
Queste
parole mi sono entrate dentro e non sono uscite più.
Io
allora chiesi “nel peggiore delle ipotesi, quando la malattia giungerà al suo
culmine, io quanto vedrò ?”
Risposta: “1 o 2/10, al
massimo!!”
Io
dissi “ beh , .almeno qualcosa ancora
vedrò !” .
La
dottoressa mi guardò e commentò dicendo “ammirevole la forza che hai”.
Sono
passati 19 anni da quel giorno.
A
quel punto il pensiero per il mio futuro era un chiodo fisso . Le scelte erano
inevitabilmente condizionate dalla Stargardt.
Non
avrei potuto continuare a fare la sarta.
Decisi
di iscrivermi alle selezioni per i corsi per operatore socio sanitario.
Era
il 2001.
Vivevo
cercando di ignorare la malattia , allo stesso tempo consapevole del fatto che
c'era, che un giorno avrebbe cambiato tutto.
Se
da una parte mi consolava l'idea che non sarei diventata totalmente cieca,
dall'altra non riuscivo ad immaginare come avrei potuto vedere con 1/10 di
visus.
La
scelta di fare l'operatore socio sanitario nasceva dal bisogno di riscatto con
la società.
Volevo
far qualcosa per gli altri, prima che gli altri dovessero farlo per me.
Iniziai
a lavorare presso una cooperativa sociale poco prima del corso di formazione
professionale. Lavoravo in casa di riposo a Venezia. Studiavo, seguivo i corsi
e i tirocini. I risultati erano ottimi e mi consigliavano di proseguire su quel
percorso, puntando a diventare infermiera professionale , perchè secondo loro
ero fatta per svolgere quella professione.
Ma
chi me lo diceva non sapeva che non avrei mai potuto farlo. Feci il concorso
pubblico come normodotata.
Era
il 2004.
Ebbi
il massimo del punteggio col massimo della difficoltà nella lettura. Consegnai
per ultima, temevo di non riuscire nell'impresa entro i limiti di tempo.
La
difficoltà nel leggere era aumentata notevolmente. Sempre in quell'anno decisi
di non guidare più. Nel 2005 il visus era
sceso a 1/10 sull’occhio Dx e 4/10 sul Sx.
Dopo
il corso per OSS provai ad iscrivermi alle selezione per il corso di
specializzazione. Ma non riuscii nemmeno
a completare un terzo del test. Leggevo troppo lentamente . Consegnai i fogli quasi in bianco.
La
responsabile dei corsi mi vide uscire dall'aula e mi chiese come fosse andata.
Io gli risposi che non era andata bene, che
non sarei stata nemmeno ammessa agli orali. Lei mi guardò stupita e mi chiese
se l'avessi fatto apposta, incredula del
mio risultato.
Se
fino a quel momento non avevo detto a nessuno della malattia e del mio deficit
visivo, in quel preciso istante capii che era giunto il momento di farlo.
Dovevo
spiegare la situazione almeno a chi credeva nelle mie capacità.
Doveva
sapere cosa mi impediva di "spiccare il volo".
Nel
2007 il visus è di 1/10 scarso e 1/20.
Faccio
domanda di aggravamento dell'invalidità.
Invalidità
aperta nel 1999 al 34%... quindi nessuna agevolazione.
Ora,
invece, con questo visus l'invalidità
passa all'80%.
A
mio favore legge 104 e legge 68.
L'ente
presso cui lavoro viene contattato per
verificare l'adeguatezza delle mie mansioni col mio stato di handicap. Con la
legge 68 entro a far parte della categoria protetta. Tutte le aziende hanno
obbligo di assunzione di persone disabili . La percentuale varia in base al
numero dei dipendenti. E per i primi 2 anni hanno anche sgravi fiscali.
A
differenza di oggi, in quei giorni gli smartphone e i tablet non c’erano.
NON
ESISTEVANO !!
Il computer era privilegio di pochi. Credo fosse il 2006 quando venne messo nell'ufficio del responsabile di modulo (meglio conosciuto come capo sala).
E
da lui iniziavo ad avere qualche notizia in più sulla Stargardt. Per esempio
che era una malattia che aveva il suo esordio tra la prima e seconda decade di
vita. Che dovevano essere entrambi i genitori portatori di un gene, e che c'era
una percentuale del 25% che nascesse un figlio malato, il 25% sano, il 50%
portatore sano.
Non
so di preciso quando è nato Facebook.
Io
il pc l'ho preso nel 2009.
E non era come quello che ho ora.
Facevo
molta fatica a leggere.
Dopo
che mi è stata riconosciuta l'invalidità, (e quindi le varie leggi a favore )
,per assurdo sono iniziati i problemi.
Ho
avuto difficoltà ad accettare questa
nuova realtà.
Il
passaggio ufficiale da normodotato a portatore di handicap mi faceva
sentire strana.
Era
come aver passato una linea immaginaria, una linea di non ritorno. Iniziavo a
realizzare che ero giunta a destinazione, che quel giorno era arrivato
purtroppo.
Avevo
inesorabilmente perso un bene prezioso.
I miei occhi non vedevano più.
I miei occhi non vedevano più.
La Stargardt c'era, ed iniziava a prendersi il suo spazio, a farsi sentire come non mai.
Non
riuscivo a parlarne liberamente. Il timore era di non essere capita.
In effetti mi rendevo conto, giorno dopo giorno, che in materia di occhi, di come la vista funziona e di che differenza passa tra un difetto di rifrazione e una malattia della retina, non ne sa niente nessuno.
Nemmeno
io, prima della Stargardt, sapevo bene come fosse strutturato un occhio, questo
prezioso organo che ci fornisce il 75% delle informazioni.
Iniziavo
a chiedere aiuto per la lettura delle consegne. Chiedevo di scrivere a
caratteri un po' più grandi per permettermi di leggere autonomamente.
Ma
non sempre trovavo collaborazione .
Nel 2009 arriva un ulteriore piccolo peggioramento della vista. Il visus scende a 1/50 in entrambi gli occhi .
L'
invalidità civile dell'80% diventa invalidità di cieco parziale.
Alla
consueta visita per l’idoneità lavorativa, il medico competente ritiene opportuno
farmi parzialmente non idonea, mettendomi restrizioni sulle mansioni da
svolgere.
Questo
scatenò l'inferno in reparto.
Niente
più alzata e igiene. Potevo occuparmi solo di attività che non comportassero la
mobilizzazione degli ospiti. Svolgevo comunque le attività previste. Facevo il
mio lavoro.
Alcuni
colleghi si rivolsero ai sindacati.
Chiedevano
che io venissi sostituita perchè non più operativa al 100%.
La
direzione non fece nulla per placare gli animi.
Subivo le pressioni e il clima di tensione.
Cercavo
di spiegare, ma non avevo grandi risultati.
Ma
forse ero io che non riuscivo a farmi capire.
Il
2009 fu un anno difficile .
Spesso
la mia mente era offuscata da pensieri poco sani. Mi sentivo un peso per gli
altri, e dicevo a me stessa che così la vita non aveva molto senso. Vedevo le cose forse peggio di
quelle che erano.
Conobbi
poi per caso il Centro Ipovisione di Padova. Dico per caso perché, in realtà,
nessun medico oculista me lo aveva mai
indicato. Ne sono venuta a conoscenza per caso, chiedendo all'ufficio protesi.
Lì
mi indicarono il dott. Giovanni Sato.
Presi
appuntamento, non sapendo nemmeno cosa facessero lì, né che genere di ambulatorio fosse. Non
avevo mai sentito parlare di un centro di ipovisione e riabilitazione visiva.
Pensavo all'ennesima visita oculistica, come tante ne avevo fatte fino a quel
momento.
Invece,
era tutto diverso.
Lì
non si cercava di curare la malattia: SI LAVORA SOLO PER MIGLIORARE LA QUALITA' DELLA VITA!
Personale
cordiale, qualificato per accogliere e trattare con pazienti ipovedenti o
ciechi.
Era
come una grande famiglia.
Nella
sala d'attesa solo persone con minorazione visiva, tutti con meno di 3/10.
L'accesso al centro è consentito solo a chi è ipovedente. Chi arriva al centro
segue un percorso riabilitativo personalizzato. O con l'uso di ausili, o con
esercizi .
L'obiettivo
da raggiungere è l' autonomia.
E
con essa si acquisisce sicurezza e autostima, si impara a conoscere le proprie
capacità, che fino a quel momento potevano essere nascoste dalla paura
dell'ignoto e dell'ombra che ti ha avvolto per anni.
Esiste
anche un corso per orientamento e mobilità per ciechi assoluti.
Tramite
esami strumentali valutano il residuo visivo, la zona o le zone dell'occhio che
ancora funzionano e che percepiscono l'immagine.
Per
me la vita è cambiata radicalmente.
Potevo
di nuovo leggere autonomamente. Non solo il formato digitale, ma anche il
cartaceo. Potevo muovermi all'esterno prendendo in autonomia i mezzi pubblici.
Inoltre
il vedere e conoscere altre persone, non con Stargardt ma comunque con un
deficit visivo, alle volte anche più consistente del mio, mi ha fatto sentire
meno sola.
E
da alcuni di loro imparavo, imparavo nuove strategie per essere autonomi,
imparavo che nonostante tutto si può osare ed arrivare oltre.
Il
centro ipovisione capitanato dal dott. Giovanni Sato organizza annualmente dei
convegni.
In
questi convegni si parla di tutto ciò che riguardava la vista. Le novità in
campo medico, nuove terapie, nuovi studi. Partecipando ai convegni ho imparato
molto , tenendomi aggiornata su tutto, anche sulla Stargardt.
Ho
avuto la possibilità di partecipare a 3
convegni come "relatore" al fianco del mio medico oculista, nonchè
responsabile sanitario del centro ipovisione, cioè l’uomo che mi ha restituito
l'autonomia.
In
2 convegni ero il caso clinico dal vivo.
Intanto al lavoro, le
pressioni che vivevo e il clima poco sereno mi spinsero nel 2011 a gettare momentaneamente
la spugna. Chiesi di essere trasferita ad altre mansioni, ormai convinta che
forse i colleghi avevano ragione nell'affermare che il reparto non era più
adatto a me, e che non ero un operatore al 100%. Un posto libero ai servizi generali pareva
esserci: era il servizio parrucchiera. Nemmeno il tempo di capire di cosa si
trattava, di cosa avrei potuto fare io in quel servizio che in 20 giorni fui trasferita.
In
ufficio mi prepararono una richiesta di trasferimento e me la fecero firmare.
Ho agito senza riflettere a ciò a cui andavo incontro. Ma già il primo giorno,
nel nuovo collocamento, si rivelò
l'inadeguatezza della scelta.
Piansi
e mi resi conto che avevo sbagliato tutto. Ma allo stesso tempo pensavo che
forse mi dovevo solo abituare alla nuova situazione.
Ho
cercato di imparare, ho tentato di adattarmi, ma i miei sforzi parevano inutili.
In
quel posto mi sentivo proprio isolata
dal resto del mondo, mi sentivo messa da parte. Una solitudine indescrivibile.
Eravamo in 2.
Perciò,
se la mia collega non era in servizio non veniva portato nessuno a farsi i
capelli da noi. Mi era stato ovviamente vietato l'uso delle forbici. E così io
rimanevo lì, in completa solitudine ad aspettare, nella speranza che almeno
qualcuno passasse a chiedere come stessi, se avessi bisogno di qualcosa. Potevo
sentirmi male e non se ne sarebbe accorto nessuno, perchè nessuno entrava in
quella stanza grigia.
Non
mi davo pace, ero un'anima in pena, volevo uscire da quella situazione. Chiesi
colloquio col Direttore dopo 3 mesi di sofferenze.
Non
mi volle ricevere.
Allora
decisi di studiare le leggi che tutelano i disabili in tema di lavoro. Ho
raccolto tutta l’energia che mi restava. La legge 68 mi pareva piuttosto chiara. Scrissi così al
Direttore e feci richiesta di reintegro in reparto.
Non
ne volle sapere.
Allora
ricorsi ai sindacati, ma non so dire chi dei due mi fosse più ostile.
Andai
da un avvocato. Spiegai la situazione. Lui verificò il tutto.
Dopo
una settimana mi chiamò. Aveva preparato una lettera da inviare all'ente. Era
la richiesta di reintegro. Spedita il 25 di novembre .
Ricevuta
dal direttore e altri organi superiori il 5 dicembre.
Chiamata
a colloquio 11 dicembre .
Il
giorno 19 dicembre 2011 ero nuovamente in reparto con mansioni personalizzate.
Ero il jolly,ero una figura di supporto. Questo fu visto di buon occhio da
tutti i colleghi. Non ero più un peso, ma un aiuto.
Quando
mancava personale io lo sostituivo svolgendo le attività di cucina di reparto.
Distribuivo le colazioni, aiutavo le persone non autosufficienti a mangiare.
Mi
sentivo finalmente utile.
Ed
avevo avuto una grandissima soddisfazione. Avevo vinto contro tutto e tutti.
Ancor oggi ricopro quelle stesse mansioni, e spesso mi sento dire “Antonella, per
fortuna ci sei tu questa mattina... ci salvi!”.
Antonella al lavoro con il video-ingranditore portatile. |
Dopo
le soddisfazioni professionali, ho avuto anche l’energia di dedicarmi ad altro.
Nel
2013 mi sono lanciata in una nuova esperienza. Totalmente profana
dell'attività, ma pronta a sfidare me stessa e cercare di divertirmi. Un mio amico,
amante della vela e proprietario di una piccola imbarcazione, mi propone di
partecipare al Velaraid.
Si
tratta di una manifestazione velica nella laguna di Venezia. Durò 4 giorni. I
primi 2 li fece con me, poi col fratello.
Non
sapevo nulla di vela , ma fu una magnifica esperienza. E non mi fermai solo a
quella. Visto che me l'ero cavata benino, mi fu chiesto di fare il campionato derive,
organizzato da un circolo velico locale. Il tutto sempre nella laguna
veneziana. Partecipammo anche al Campionato Italiano Microclass.
I risultati furono inaspettati. Pieni, ricchi di soddisfazione. Navigavo e regatavo contro persone vedenti, tutte abbastanza esperte. Io, profana, con visus limitato, in mezzo a loro, senza dire che ero un cieco parziale.
I risultati furono inaspettati. Pieni, ricchi di soddisfazione. Navigavo e regatavo contro persone vedenti, tutte abbastanza esperte. Io, profana, con visus limitato, in mezzo a loro, senza dire che ero un cieco parziale.
Campioni
d'Italia 2013.
Da
non credere…
Oggi
mi tengo attiva anche con il tandem.
Una
passione riscoperta, mi è sempre piaciuto andare in bicicletta, attività
sospesa con la perdita della vista.
Da due anni ho ripreso a pedalare. Arrivo a fare anche 90 km in un giorno.
Da due anni ho ripreso a pedalare. Arrivo a fare anche 90 km in un giorno.
Assaporando
il bello dello stare all'aria aperta e fare esercizio fisico, concedendomi
anche il privilegio di gustare assaporare le perle gastronomiche delle località
raggiunte in bici.
Anche
il panorama, mi regala qualcosa.
Scatto
fotografie per poi gustare i dettagli al pc, ingrandendo le immagini e fissando
il ricordo nella mia mente.
Questa
è la mia realtà.
Straordinaria.
RispondiEliminaGrazie per aver condiviso. <3
RispondiEliminagrazie Antonella leggendo la tua esperienza ho rivissuto la mia esperienza anch'io andavo dal Dott. Sato ma ero aggrappato a qualsiasi arpiglio per poter migliorare il mio visus che attualmente è di 5/10 totale e mi sto lentamente arrendendomi a una triste realtà ,mi sentivo non capito e arrabbiato anche perchè volevo sentirmi dire che c'era una possibilità di recupero , ma non dobbiamo mai arrendersi e cercare di assaporare tutte le cose belle della vita che tra virgolette le persone normali non vedono.un caro saluto
RispondiEliminaMatteo, grazie per il tuo passaggio.
Eliminati vogliamo bene.!
Eliminati voglio bene
RispondiEliminaUn storia toccante. Difficile trovare delle parole adatte. Una forza d'animo incredibile e una gran voglia di vivere. Un vero esempio verso le nostre "difficoltà" giornaliere. Ciao
RispondiEliminaStoria di vita veramente toccante che denota uno spessore personale non indifferente. Ti faccio i miei più sincericomplimenti
RispondiEliminaComplimenti per la tenacia , la voglia di vivere a volte e' più forte del destino e delle persone che vuole togliercela
RispondiEliminaOgni tanto rileggo questo, ogni volta trovo passaggi sfuggiti in precedenza.
RispondiEliminaEres una gran luchadora, digna de admiración
RispondiEliminaBellissima storia ed esempio di forza. Io sono il padre di un ragazzo con quel destino segnato. Purtroppo la forza non la riesco a trovare! Mi piacerebbe avere molte informazioni a tutti i dubbi e le paure che ho per le domande alle quali non riesco a trovare risposta. Se volete vi lascio il mio numero. 3402171890.
RispondiEliminaGrazie