PERCHÈ, PRIMA O POI, UNA CURA LA TROVANO... MA NEL FRATTEMPO DIAMOCI UNA MANO PER NON PERDERCI NELLA NOTTE

venerdì 1 luglio 2016

"Anche agli Dei piace Giallo" Domenica 22 Maggio - 2a Tappa

La mia sveglia suona alle 6. Devo alzarmi prima di tutti per preparare le colazioni. Il buon Donuzzo è il cuoco silvestre anche per il primo pasto della giornata, e non può far cilecca.


Nell'appartamento del piano terra abbiamo dormito solo io, Alberto e Nicolas. Gli altri sono al piano superiore, che è più spazioso; in questo modo posso cucinare in tutta tranquillità e far trovar pronto per le 7:00, orario deciso per la colazione. Apparecchio la tavola e sistemo le tre deliziose torte preparate da Elisabetta ed Elena. Mi metto poi ai fornelli: ho trenta uova da strapazzare. Ne faccio alcune con i chiodini trifolati e altre semplici, con solo un po' di Piave grattugiato, paprika e una spolverata di pepe nero. Inizio anche ad allestire per il caffè. Una moka da 12 è già sul fornello quando Bernard varca la soglia. "Morning man. Coffee, please?", mi interroga lui, porgendo la sua fida tazza da escursione, che normalmente penzola appesa al suo zaino da trekking. Gliela riempio fino a metà, e poi se ne esce. all'aperto. E' una mattina splendida e l'aria è ancora frizzante: “fa bene a berleso all’aperto, il caffè”, penso.

Preparo altre tre moke e riunisco tutti i caffè in un pentolino, che tengo in caldo vicino al fuoco. Bernard torna a fare il pieno di carburante nervino a più riprese. Alla terza volta, però, esita un istante prima di uscire dalla cucina. 
"Donato, ma questo è caffè americano o espresso?" mi chiede con il suo irlandese rapido e stretto.

"E' caffè italiano" gli rispondo io, "più forte dell'espresso".
Lui mi guarda e se ne esce senza fare una piega. Poi fa capolino dalla porta e mi dice "Ok, credo che oggi potrò essere un po' nervosetto" e scoppia a ridere.

Ho capito l'antifona, e decido di allungare un po' i caffè mettendo acqua bollente nel pentolino.


Un po' alla volta arrivano tutti. C'è un vasetto di marmellata di arance sul tavolo, e Timo la prende.

"Donato, è il friggione di ieri sera questo?, mi chiede.

Il colore in effetti è simile. Vedo gli occhi pieni di speranza di molti dei ragazzi attorno al tavolo, che mi fissano in attesa della risposta, ma sono costretto a deludere le loro aspettative.

"Mi spiace, è marmellata di arance", dico io con un po' di dispiacere. "Lo sapevo che dovevo fare un kg in più di cipolle" penso.

"Arance?!" esclama qualcuno. "Wow!"

Per noi sono cose scontate, ormai, ma per chi le arance non le ha nel proprio paese, queste son tutte prelibatezze. E quanto le apprezzano... In meno di dieci minuti il vasetto è ripulito, nel vero senso della parola.

Qualche anima affamata mette fondo anche alla porzione di penne al pesto avanzate da cena. Sono davvero felice di vedere come abbiano gradito tutto.


Si fa ora di radunare i propri zaini. Io me la prendo comoda perchè devo attendere le 9:30 per riconsegnare le chiavi della casa, ma la truppa è già fuori, in riga, pronta a mettersi in marcia. Alle 8:15 arrivano, puntualissime, tutte le guide che accompagneranno il gruppo per la tappa odierna. Ci sono Andrea, Patrizia, Marco, Barbara, Marinella, Maurizio con la moglie Boriana, e naturalmente Fabrizio con Elisabetta

Saranno 25 i km da percorrere oggi, e farà tanto, parecchio caldo. Così, con una scorta di almeno 3 litri di acqua a testa, alle 8:30 in punto il gruppo si avvia verso il fiume Reno, punto da cui il sentiero riprende.







Marco S. e Amador restano con me: mi accompagneranno al punto di incontro dove potrò riunirmi al gruppo. Ne approfittano per sistemare i bagagli di tutti in auto, e preparare l'attrezzatura necessaria per le riprese di oggi. La povera familiare di Marco S. è stipata all'inverosimile. Guardo Amador mentre cerca di sistemare al meglio le cose, nel tentativo di far star dentro tutto, e non posso che sorridere: sembra di vedere una partita di Tetris.


Consegnata la Montagnola di Mezzo al un collaboratore di Maria Teresa, riparto con i ragazzi alla volta di Pontecchio Marconi. Do un colpo di telefono a Fabrizio, per sapere a che punto sono. Le notizie che sento non sono però delle migliori. "Abbiamo trovato tanto, tanto, tanto fango" dice con voce preoccupata. "Melma e sabbie mobili, avanziamo davvero lentamente".Decidiamo di andar loro incontro con la macchina, in modo da poter recuperare chi è in difficoltà. Dobbiamo cercare il ponte sospeso che attraversa il fiume, ma non è un’impresa semplice. Non è indicato e ci passiamo davanti più di una volta, prima di accorgerci che è letteralmente incastonato in due contrafforti di cemento armato, che lo celano ai nostri occhi poco attenti. Chiamarlo ponte, poi, è roba da ottimisti: è una lingua di ferro e legno sospesa sul Reno, tenuta su da tiranti d'acciaio. Il fondo stradale è fatto da assi di noce traballanti, ma quando la macchina dei ragazzi ci sale sopra tutta la struttura appare molto più solida di quanto potessi immaginare. A passo d’uomo attraversiamo i duecento metri del fiume.





Devo essere onesto: con la scusa di fare delle foto al ponte sono sceso dalla macchina. "Se devo finire a mollo preferisco essere fuori dall'auto", avevo pensato. Non mi fidavo per nulla di quel passaggio, ma sbagliavo, fortunatamente.

Raggiunta l’altra sponda chiamo nuovamente Fabrizio per sapere a che punto sono. Mi dice che manca ancora un po’ prima di poter risalire dal greto fangoso del Reno, in cui stanno sprofondando da due ore abbondanti. Troviamo sulla mappa un punto in cui poterci incontrare. E’ raggiungibile in auto, il che non guasta dato che alcuni dei ragazzi hanno ormai dato fondo alle personali scorte idriche.
Il sole picchia forte sin dall’alba e la temperatura, sebbene siano appena le 10:30, sfiora i 30 gradi. In meno di un quarto d’ora siamo al punto convenuto, con qualche litro extra di acqua fresca per tutti. Le guide hanno trovato un passaggio asciutto che correva a due passi sopra la golena, il che gli ha permesso di camminare all'asciutto e di guadagnare un po' di tempo. I ragazzi ne approfittano per prendere fiato e ripulire i propri scarponi infangati, sciacquandoli lungo la riva del Reno. 



Un gruppo di cavalieri e amazzoni in erba fa capolino dalla boscaglia, che circonda quest’area. Anche i cavalli sono assetati e sudati, e senza farsi pregare troppo, una volta lasciati liberi, ne approfittano per un bagno ristoratore. Bestie beate…

Fabrizio mi avvicina e mi racconta che Jessica si è graffiata sulla clavicola per via di una fronda contro cui ha sbattuto. E' mortificato, perchè lui le era proprio davanti e se ne sente responsabile, ma Jessi non fa una piega e non vuole neppure che le medichi il graffio. "E' un carro armato sta ragazza, Fabrizio", gli dico io per rincuorarlo, "non ha fatto una piega".
Conclusa la breve sosta riparto anche io col gruppo per la seconda parte della tappa mattutina. Abbiamo ancora otto km circa prima di poterci fermare per pranzo, ma ora la strada è tutta sterrata, e si recupera tempo andando di buon passo. Mi affianco a Nic e Alberto per scambiare qualche battuta. Abbiamo tanto da raccontarci. Scopro che hanno avuto il privilegio di suonare al Gods of Metal, con la loro band, gli "Slowmotion Apocalypse". Immagino quanta emozione ed euforia, poter fare un concerto davanti alle folle di eventi come il Gods. Mentre camminiamo di buon passo, Nic mi inizia a raccontare la sua storia. La leucemia, il trapianto, la guarigione. E poi la reazione alle terapie antirigetto, che ha causato una severa neuropatia periferica.










Tra un discorso e l'altro arriviamo al punto per la sosta pranzo. Amador ha scovato la terrazza di un ristorante poco più avanti rispetto a dove avevamo deciso di fermarci. La struttura sarebbe chiusa per turno, ma la proprietaria ci accoglie con grande gentilezza, mettendo a disposizione i bagni e il bar. Dario, comprensibilmente, ha posto il veto per le bevande alcoliche nella sosta pranzo. La birretta fresca è una goduria dopo una mattinata di caldo e sudore, ma al momento di ripartire può segare le gambe anche al più allenato camminatore. E la strada da fare è ancora parecchia.


C'è un'ombra gradevole, su questo balcone con vista fiume. Tutti ci rilassiamo, mentre con l'aiuto di Gabriella ed Elisabetta preparo al volo i panini per tutti. Ci sono anche le torte avanzate da colazione, e la glicemia tornata alta riporta l'allegria in tutti quanti. Alcuni trasgrediscono al comando "no alcool", ma va bene così: alle volte qualche regola va violata...

Alle 13:00 si riparte. Ci aspettano boschi e crinali pieni di ginestre, sui Prati di Mugnano. 







La natura pare si sia preparata ad hoc per il nostro passaggio. Ovunque sono esplose le fioriture gialle di questi arbusti profumatissimi. Un'esperienza sensoriale incredibile, un segno che gli elementi ci accolgono benevoli nella loro dimensione più intima.
Emergiamo sulla cresta di un colle e seguiamo una sterrata letteralmente circondata da enormi cescpugli di ginestre. A più riprese ci troviamo ad attraversare alcune strade asfaltate, ma poi immediatamente ci rituffiamo nella macchia. Gabriella non si lascia scappare nessun segnavia o cartello. Attacca puntuale gli adesivi di NoisyVision, e lo fa anche bloccando al volo l'auto di un passante, fermatosi a chiedere, incuriosito, chhi o cosa rappresentasse quel serpentone di persone vestite di giallo. Il suo parabrezza, manco a dirlo, vede arrivare pronto l'adesivo col pollice verso!


Il percorso riprende nella macchia fitta. Un po' di ombra non dispiace a nessuno.





Mentre siamo in un boschetto di lecci e farnie mi affianco nuovamente a Nicolas. Lo vedo camminare con la testa china, ma comunque con passo svelto. La salita ha iniziato a tirare un po' più ripida in questo tratto.


"Tutto bene, amico?" gli chiedo.


"Sono finito" dice sospirando, "ma voglio arrivare, cazzo".


In quel momento mi raggiunge Alberto, che mi precedeva di qualche passo.


"No one can piss on this determination", mi sussurra. E' una strofa di Mouth for War, dei Pantera. "Questa frase Phil Anselmo pare l'abbia scritta apposta per Nic" dice indicando con lo sguardo l'amico, che ora è avanti di qualche metro.


Mi brillano gli occhi, e Alberto deve aver fiutato le miei emozioni, sebbene io stia indossando cappello e occhiali scuri. Una pacca sulle spalle e riprendiamo il passo per raggiungere il gruppo.


Incontriamo qualche pozza fangosa lungo il sentiero, ma nulla di paragonabile a quello che i ragazzi hanno superato stamattina lungo il Reno. 

Il sentiero che le guide hanno deciso di seguire, dopo la sosta pranzo, ci ha fatto evitare un crinale a rischio fango, ma soprattutto sta facendo guadagnare strada e tempo. Contrariamente a quanto previsto, riusciamo ad arrivare al B&B "Sulla Via degli Dei" per le 17:30. Francesca e la sua famiglia ci accolgono con allegria, fornendo al gruppo acqua fresca e qualche bella bottiglia di vino bianco e di birra, rigorosamente ghiacciate. Ormai è diventato il rito ufficiale di fine tappa. Giù gli zaini dalle spalle, via gli scarponi e in alto i calici: si brinda ai 35000 passi di oggi!!!



Mentre tutti si rilassano, un verso stridulo riempie l'aria. "E' un pavone" spiego io, ma di li a poco un ruggito tuona alle spalle della veranda in cui ci stiamo rilassando.


Fabrizio mi guarda e sorride. "Sono i felini dell'oasi di recupero della fauna selvatica di Brento", mi dice. In effetti ero sbiancato nel sentire quel verso gutturale, assolutamente fuori luogo in questi boschi. "Ci sono tigri, leoni, gorilla a tanti altri animali sequestrati dalla forestale, in quel posto", continua la guida, "domattina ci passeremo vicino e te la faccio vedere".


Francesca ci indica dove sono i nostri alloggi. Qualcuno decide di andarsi a rinfrescare subito, altri come me, Dario Gabriella e Maaike indugiano ancora sulle poltrone in vimini della veranda. Si sta troppo bene ora che il sole arriva con più delicatezza. Maaike si siede a terra, alza lo sguardo verso Gabriella, abbozza un sorriso e allunga la sua mano destra verso il prato intorno a lei. Un altro quadrifoglio, raccolto senza neppure cercare o guardare.

Il marito di Francesca allestisce le braci per la grigliata di questa sera. Il profumo della legna che arde fa da preludio al gustoso banchetto che seguirà di li a poco. Decidiamo infatti di cenare piuttosto presto, perchè la stanchezza inizia a farsi sentire nelle gambe di tutti.




Nel salone è stata preparata una tavolata lunghissima, apparecchiata con tanta cura e attenzione per i dettagli. Francesca mi racconterà solo più tardi che questa casa è tutta opera sua. E' una designer e ha progettato e realizzato lei tutti gli arredi. Ci sediamo tutti e iniziamo a mangiare.


Fuori intanto il giorno lascia spazio a una limpida sera. Qualche stella inizia timida a brillare, ma di li a poco una nuova luna strepitosa sorge da est. E' una luna rossa, che spicca come un disco di fuoco dal crinale dietro cui si leva. 

 

Uno spettacolo mozzafiato che chiude ufficialmente la seconda tappa della nostra Bologna - Firenze.


Quello che segue è un contributo di Gabriella: 

"Posso aggiungere qualche particolare della giornata.. Forse non tutti sanno che dopo aver scattato la foto con i quadrifogli, Dario, per prenderci in giro, si abbassa guardando Amador negli occhi e strappa su... un quadrifoglio!!! Sconvolto ha iniziato a dire che quella era magia! Finalmente anche lui aveva capito cosa stava succedendo.. Be', in effetti, quel momento è stato davvero sorprendente!
Quella sera, mentre io, Amador e Maaike finivamo di sorseggiare il nostro bicchiere di vino, vengo attratta da una luce rosso fuoco all'orizzonte... dico "ma cos'è?" Era la luna rossa più grande e più rossa che avessi mai visto in vita mia... dopo il tramonto della sera prima, la Natura ci ha donato un altro strepitoso regalo."

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