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giovedì 19 novembre 2015

Depurazione autunnale

a cura della dr.ssa Elena Z.

La primavera e l’autunno sono considerate stagioni di transizione e di cambiamento. Rappresentano momenti diversi nel ciclo della natura: la primavera è gioiosa, esplode la vita e così madre terra ci offre i teneri germogli, che ci aiutano a ritrovare energia vitale dopo l’assonnato inverno; l’autunno è al contrario introverso, le piante si chiudono in sé stesse per conservare il calore dell’estate, gli esseri viventi rallentano il loro metabolismo e così abbiamo bisogno di alimenti energetici e rimineralizzanti. In questi periodi dell’anno può essere utile effettuare un ciclo di depurazione: in primavera per disintossicarsi dalle tossine accumulate nel periodo invernale, dovute alle infezioni virali e batteriche, spesso poi associate all’uso di farmaci, e alla riduzione dell’attività fisica; in autunno per preparare l’organismo a eventuali trattamenti (omeoterapici e fitoterapici) a sostegno delle difese immunitarie.
Con l’autunno le temperature sono più miti e le giornate calde si alternano a quelle piovose. La riduzione delle ore di luce influisce sull’equilibrio ormonale, predisponendoci ad affaticamento, cali di memoria, malinconia e disturbi virali.
L’obiettivo principale dell’autunno consiste nel disintossicarsi dalle scorie estive che affaticano gli organi emuntori. Spesso le nostre difese sono indebolite a causa di uno scorretto stile di vita, dell’alimentazione per lo più ripetitiva e ricca di tossine, dell’eccesso di alcol, della carenza di attività fisica, dell’inquinamento ambientale e dello stress psicofisico. Per affrontare meglio i vari agenti nocivi esterni (virus, batteri, sostanze tossiche), è fondamentale ripulire l’organismo dalle tossine accumulate. Così il sistema immunitario sarà più reattivo, pronto a eliminare i germi patogeni e a proteggerci dalla comparsa di malattie. 


DEPURAZIONE E DRENAGGIO

I due termini sono abbastanza simili in quanto comportano, entrambi, l’eliminazione  di tossine dall’organismo.  Sovente con tali termini s’intende una stimolazione degli organi emuntori quali fegato, reni, intestino e pelle. Tuttavia si può definire che la differenza tra le due tecniche sta nella tempistica, ovvero: la depurazione è più breve e rapida, ma richiede un maggior dispendio di energia da parte dell’organismo; mentre il drenaggio è più lento ma più profondo e con minor dispendio energetico.

La depurazione dell’organismo si manifesta con effetti benefici quali:

  1. Perdita di peso
  2. Lucidità mentale
  3. Aumento energetico (riduzione dell’insorgenza di malattie autoimmuni e intolleranze alimentari)
  4. Rinforzo delle difese immunitarie
Abbiamo già parlato di come il fegato sia anche l'organo "chiave" per gli occhi. In particolare, il fegato riveste un ruolo fondamentale per la nostra salute, è infatti l’organo deputato alla detossificazione di tutte le sostanze che entrano nel nostro corpo e non solo attraverso l’alimentazione. Infatti, nei casi dove le sostanze estranee introdotte siano liposolubili e difficilmente processabili dal nostro organismo esse vengono accumulate nel tessuto adiposo; per le altre l’attività principale di detossificazione è svolta dal fegato. I metaboliti prodotti da questa trasformazione vengono poi eliminati principalmente attraverso l’intestino o i reni, in base alle loro caratteristiche di solubilità. Il fegato riveste inoltre un ruolo attivo anche nel processo di assimilazione e digestione, attraverso le sue secrezioni che vengono veicolate dalla bile direttamente nell’intestino. Queste funzioni erano note fin dall’antichità: da sempre l’uomo ha cercato di migliorare e stimolare le sue funzioni fisiologiche del fegato attraverso l’ausilio delle piante.
Quindi per effettuare un processo di depurazione possiamo avvalerci della fitoterapia, mediante tisane, tinture madri, estratti secchi. Possiamo anche assumere direttamente con l’alimentazione alcuni vegetali che possiedono delle vere e proprie proprietà terapeutiche. In alcuni casi, può essere utile l’assunzione di entrambi, in quanto parti diverse delle pianta hanno diverse proprietà. 

Carciofi: sono una verdura che dà energia, stimola e tonifica. Aiutano il fegato e il sistema immunitario ad adattarsi alle mutate condizioni climatiche.
Mentre si utilizzano a scopo alimentare il fiore e parzialmente il gambo (molto ricco di sostanze prebiotiche come l’inulina), a scopo medicinale si utilizzano le foglie (molto amare). Queste ultime contengono principi attivi che favoriscono la digestione proprio per la presenza di sostanze amare, che agendo su appositi recettori presenti sulla lingua (recettori dell’amaro per l’appunto), stimolano per via nervosa-riflessa un aumento sia delle secrezioni che della motilità. In caso di calcoli biliari il carciofo va assunto solo sotto controllo medico.

Topinambur: si tratta di un cibo “energetico” che, con relativamente poche calorie, ci aiuta a difenderci dai primi freddi. Ha anche proprietà disinfettanti, soprattutto del tratto digestivo e intestinale e combatte i dolori articolari.

Osservate lungo i fossi a partire dalla fine dell’estate e vedrete questa pianta con i suoi fiori giallo oro simili a delle margherite o dei girasoli. Infatti il suo nome generico (Helianthus) deriva da due parole greche, ”helios” (= sole) e ”anthos” (= fiore) in riferimento alla tendenza di alcune piante di questo genere a girare sempre il capolino verso il sole, comportamento noto come eliotropismo.



Il topinambur è chiamato “carciofo di Gerusalemme” perché il sapore ricorda quello del carciofo, è conosciuto anche come patata del Canada perché la forma del tubero può essere scambiata con quella della patata.

Le varietà di topinambur sono due: la bianca precoce che troviamo disponibile in commercio da fine agosto e la bordeaux che troviamo invece in commercio da ottobre fino ad inizio primavera.

Le parti commestibili del topinambur sono i tuberi, che si possono mangiare sia crudi (spazzolarlo, lavarlo accuratamente in acqua corrente e quindi affettarlo finemente) che cotti (dopo averli pelati). Il tubero si sviluppa con ritmo regolare durante l'inverno, soprattutto se sottoposto a gelate. Generalmente il suo sapore è più gradevole quando è cotto e può essere utilizzato in tutti i modi, gli stessi con cui anche le patate vengono utilizzate. Si possono anche consumare crudi, grattugiati o tagliati in piatti, conditi con  vinaigrette. Il loro sapore si avvicina a quello dei cuori del carciofo.
Oltre a circa il 15% di carboidrati (inulina, asparagina, betaina, colina, fruttosio) contiene anche proteine (2-3%) e sali minerali tra cui potassio (circa 400 mg), fosforo, calcio e magnesio. La vitamina A in esso contenuta in modeste percentuali è utile alle funzioni della vista, mentre le vitamine B sono un valido aiuto in caso di spossatezza fisica, anemia, stress; l’arginina invece svolge azione benefica nei confronti del fegato e favorisce la cicatrizzazione delle ferite.
Anche in questo caso, restando nel contesto del fitocomplesso, la Vitamina A contenuta nel tubero non rappresenta un pericolo per i pazienti affetti da Stargardt ma, anzi, rende efficiente il processo della visione in modo biologicamente equilibrato.
In particolare, l'inulina può essere convertita in fruttosio, sicuro anche per i diabetici. Il topinambur, pur presentandosi come un tubero, è un alimento ipocalorico (circa 30 kcal per 100g di alimento fresco) poiché contiene per l’80% acqua oltre ad avere frutto-oligosaccaridi come l’inulina (circa il 10% del peso fresco ma comunque in proporzione variabile a seconda del periodo), che conferiscono al topinambur un potere calorico inferiore rispetto a quello delle patate.

Contenendo quindi inulina al posto di amido rende il topinambur un ottimo alimento in caso di dieta ipocalorica e in generale quando si vuole perdere peso. Inoltre, l’inulina ci aiuta ulteriormente nella perdita di peso perché dà senso di sazietà.
Sostanze come l’inulina vengono definite prebiotici, importanti perchè favoriscono il riequilibrio della flora intestinale, favoriscono infatti la crescita di batteri utili alla nostra salute. Fanno parte della cosiddetta fibra alimentare solubile che può essere solo parzialmente metabolizzata dalla microflora intestinale favorendo lo sviluppo dei batteri utili quali bifidobatteri e lattobacilli a scapito dei batteri potenzialmente patogeni. Proprio per questo troviamo l’inulina in integratori di fermenti lattici e probiotici.
Alcune persone non sono molto tolleranti all’inulina, poiché tende a fermentare nelle loro viscere e può causare dolori o disturbi a volte molto seri.

Il tubero del topinambur ha proprietà galattogene, stimola la secrezione di latte nelle donne.  
Curiosità
Le piante sono una buona fonte di biomassa. I tuberi sono utilizzati industrialmente per produrre alcool, il quale sembra essere di migliore qualità se paragonato a quello ricavato dalla barbabietola da zucchero.

Attenzione agli effetti collaterali

Per le alte concentrazioni di inulina, l'assunzione di topinambur può causare problemi di meteorismo ed eccessiva flatulenza. Per limitare il fenomeno, l'intestino andrebbe abituato gradualmente iniziando col consumo di piccole porzioni, da aumentare poi col passare del tempo. Un altro utile accorgimento è quello di assumere contemporaneamente del carbone vegetale.


Cardo mariano (Silybum Marianum):  se ne utilizzano i frutti maturi, impropriamente chiamati semi, contenenti una miscela di flavolignani denominata silimarina, di cui uno dei principali componenti (50%) è la silibina. Si tratta dell’epatototossico-depurativo per eccellenza con la sua notevole attività come epatoprotettore e tonico epatico. La silimarina è stata molto studiata ed in effetti mostra essenzialmente tre attività: è in grado di stabilizzare le membrane cellulari delle cellule epatiche, rendendo più difficile alle sostanze tossiche penetrarvi; ha un’importante proprietà protettiva nei confronti dei radicali liberi; infine stimola la sintesi proteica nelle cellule epatiche favorendone la rigenerazione. il cardo mariano è un'antidoto al terribile veleno del fungo Amanita phalloides. Di questa pianta, la tradizione pugliese utilizza  in cucina le nervature mediane delle foglie e gli steli teneri, ma possono essere utilizzate anche le infiorescenze e persino le carnose radici in preparazioni che  spaziano dalle insalate, agli sformati e alle zuppe.



Il cardo (Cynara cardunculus altilis) o carciofo selvatico (conosciuto in molte zone del Sud Italia come “cardone”) è invece un ortaggio invernale di forma simile al sedano, ma appartenente alla famiglia dei carciofi. Anche il sapore è simile a quello del carciofo, caratteristico e amarognolo, ma con sfumature che ricordano il sedano. Il cardo ha pochissime calorie. Richiede parecchio tempo sia per pulirlo che per cuocerlo. Solo la varietà "Cardo gobbo" di Nizza Monferrato è adatto ad essere consumato crudo.
Le principali varietà di cardo coltivate in Italia sono: Cardo di Bologna, privo di spine, con costole piene, di media grossezza; Cardo di Chieri, molto diffuso in Piemonte, di buona qualità, poco spinoso e facilmente conservabile; Cardo di Tours, varietà pregiata ma poco diffusa perché spinosa; Cardo gigante di Romagna, coltivato nell'intera area romagnola, varietà molto simile al cardo di Chieri, con piante di notevole sviluppo (fino a 160 cm ed oltre di altezza).




Una ricetta a me cara è quella della minestra di cardone alla beneventana, tipica del periodo natalizio. Dei carissimi amici di famiglia ce l’hanno fatta conoscere ed è entrata a far parte anche della nostra tradizione. Ho poi scoperto che questo piatto viene preparato anche in altre zone d’Italia, come nel pescarese, probabilmente ognuno ha le sue varianti. Vi segnalo QUESTO collegamento alla ricetta, al posto del pollo si può usare il cappone per preparare il brodo.



Curiosità
Il cardo rappresenta una coltura dalle interessanti potenzialità in termini di utilizzazione energetica in quanto capace di fornire buone rese in biomassa lignocellulosica e di seme, quest’ultimo da destinare alla produzione di olio per uso industriale.


Bardana: è considerata una delle piante detossificanti più importanti non solo della nostra tradizione erboristica, ma anche di quella cinese. Per l’azione sul fegato si utilizza la tintura madre. Il decotto della radice si utilizza per l’azione drenante (soprattutto cutanea) e le proprietà antibatteriche. Le radici di bardana si raccolgono in primavera, durante il secondo anno di vita della pianta, mentre le foglie per uso erboristico vengono raccolte e lasciate essiccare tra maggio e agosto.



Le radici di bardana sono commestibili. In Giappone vengono raccolte ad uso alimentare. Anche nella tradizione culinaria popolare italiana è presente la bardana, ad esempio sotto forma di radici lessate. Le foglie di bardana si possono consumare lessate insieme ad altre verdure.
L'impiego cosmetico è destinato a pelli grasse, asfittiche, con punti neri e predisposte all'acne o alla seborrea. Decotti di Bardana possono essere utilizzati per prevenire foruncoli e pustole di acne su pelli grasse, mentre può essere utilizzato il succo delle foglie fresche per frizioni al cuoio capelluto grasso, o l'olio (estratto in olio di oliva o semi di arachidi) contro la forfora.
La Bardana non ha particolari controindicazioni; chi soffre di diabete, prima di utilizzarla ad alte dosi dovrebbe comunicarlo al medico poiché l'utilizzo simultaneo di ipoglicemizzanti di sintesi e bardana potrebbe causare abbassamenti eccessivi della glicemia. 
Da evitare, infine, l'uso in gravidanza.


Dopo aver visto come effettuare una depurazione con l’aiuto delle piante, vedremo successivamente i principali protocolli di drenaggio, suggeriti dalla fitogemmoterapia e dall’omeopatia. A presto!



Bibliografia
http://www.iltoccodellaluna.it/?p=1
http://www.inerboristeria.com/topinambur-rapa-tedesca.html

Pari L. (2009). Cardo per la filiera energetica, un'opportunità per il Sud Italia. Agroenergie, dall'impianto alla raccolta. Supplemento a L’Informatore Agrario, 29: 6-7. ISSN 0020-0689
Andrea Lugli, Conoscere le piante Medicinali, Aboca.


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E' pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o lo specialista.



2 commenti:

  1. Gent.ma Dott.ssa Elena, nel blog ho letto del rischio che i metalli pesanti (magari contenuti nei vaccini) possano essere coinvolti con le debolezze visive
    allora ho cercato terapie eventuali e, a parte le chelazioni da effettuarsi sotto stretto controllo medico, ho letto che anche una serie di rimedi o alimenti di origine e uso soprattutto orientale possono aiutare in un' eliminazione lenta ma costante degli eventuali eccessi di metalli
    le notizie le ho trovate in questo link
    http://www.progetto-aurora.it/?p=456
    ma immagino qunti ce ne possano essere

    cosa ne pensa se si raccogliessero delle ricette, suddivise magari in primi piatti, secondi, contorni e financo dolci che potrebbero essere alternati nella dieta di persone con debolezza visiva?

    e se si riuscisse anche a censire le persone interessate e applicate a seguire questa dieta "salvaluce", si potrebbero persino documentare gli eventuali effetti positivi nella prevenzione del danneggiamento visivo

    troppo? ma non ci sono già gli integratori con luteina o acidi grassi o zafferano.....? e se si aggiungesse anche un' attività chelante? ho poi notato che lo zafferano in effetti avrebbe già di suo un' azione chelante dei metalli pesanti...magari palrano di attività antiossidante ma poi è quella chelante la chiave di tutto...o il campanello...

    ho scritto troppo...mi scusi

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  2. Gentilissimo Paolo,
    la ringrazio innanzitutto delle sue puntuali osservazioni.
    Sono venuta a conoscenza della terapia chelante con EDTA qualche anno fa perché proprio un’amica, affetta da una patologia rara che colpisce i neuroni effettori, si era rivolta presso un centro medico per questo trattamento. Le avevano infatti riscontrato alti livelli di alluminio del sangue. Inizialmente aveva notato dei miglioramenti, che si sono poi arrestati nel tempo. Purtroppo, i meccanismi di queste malattie non sono ancora ben noti, e tutti gli approcci a mio avviso sono di tipo sperimentale.
    Non c’è dubbio che accumuli di metalli siano legati ad effetti deleteri sulla salute, basti pensare agli studi sulla relazione tra alluminio e patologie neurodegenerative, sempre più frequenti e più premature. Quello che dovremmo davvero chiederci è: da dove arriva questa contaminazione? Dal cibo e dalla sua maniera di conservarlo? Dall’esposizione ambientale o agenti xeno biotici, compresi farmaci, vaccini, etc.? Oppure il nostro organismo, sottoposto a tanto stress, non è più in grado di depurarsi e detossificarsi? A mio avviso, dovremmo già per sola via cautelativa, evitare l’uso di alluminio (non ce ne rendiamo conto, ma si trova ovunque!), e curare la nostra alimentazione in maniera prioritaria, perché da questa deriva principalmente la nostra salute.
    Sicuramente un effetto dei metalli è la produzione di specie radicaliche e quindi danno ossidativo. Da qui l’importanza di assumere cibi protettivi, con spiccate proprietà antiossidanti.
    Per quel che riguarda gli alimenti chelanti, avevo sentito parlare della promettente zeolite, e delle note proprietà dell’aglio. E’ uno spunto interessante da approfondire.
    Relativamente alla preparazione di ricette, bisogna considerare che le persone affette da debolezza visiva potrebbero avere altre concomitanti patologie, e quindi considerare solo alimenti sicuri. In ogni caso, ritengo difficile poter censire le persone coinvolte, se non trovando un centro di ricerca interessato a tale sperimentazione. Le aziende farmaceutiche finora hanno sempre snobbato se non ostacolato approcci di questo tipo, perché non di loro diretto interesse. Tuttavia, con la crescita del settore degli integratori, queste sperimentazioni potrebbero avere la giusta spinta economica per produrre dei risultati concreti.
    Mi prometto comunque di approfondire l’argomento e ritornare presto con un post al riguardo.
    Elena

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