PERCHÈ, PRIMA O POI, UNA CURA LA TROVANO... MA NEL FRATTEMPO DIAMOCI UNA MANO PER NON PERDERCI NELLA NOTTE

giovedì 14 aprile 2011

E' POSSIBILE VIVERE CON LEGGEREZZA ?

Una serie di considerazioni che sono assolutamente applicabili alle nostre vite.
Un libro che penso valga la pena leggere... per noi e per chi ci sta intorno.

tratto da voglioviverecosi.com




Smettiamo di inseguire l’approvazione degli altri, accettiamo di essere limitati. Impariamo a perdonare e a dire grazie. Solo così ci accorgeremo che vivere non è più un peso.
L’invito arriva da Giovanni Galletto, psicologo e psicoterapeuta, che ha studiato negli States e a Roma, e che con suo fratello Corrado e Loris Panero, giornalisti entrambi, ha scritto di recente un libro, dal titolo “La fatica di vivere”, edito da San Paolo. Una guida a vivere in modo più leggero.


“La società odierna -si legge nel libro- è terreno fertile per le fragilità individuali: chiede molto, spesso anche l’impossibile, sotto tutti gli aspetti: ci vuole belli, produttivi, forti, impermeabili alle sofferenze, alla stanchezza, ai continui cambiamenti di rotta – un po’ come i pupazzetti della vecchia pubblicità di una marca di pile, che, a dispetto del tempo e degli ostacoli, continuavano imperterriti a caracollare con lo stesso ritmo e il sorriso dipinto sul faccino – e offre, in cambio pochi sostegni”.
La nostra è una società che ti stritola, ti assedia, ti mette in una situazione di affanno continuo. Di affaticamento.
Ma cos’è la fatica di vivere?  Secondo l’esperto, non è ancora male di vivere: non è patologia, ma una sorta di anonimo grigiore che sovente avvolge la vita. Allora la vita sembra un frullatore, che ti travolge e soprattutto, ti impedisce di essere te stesso sino in fondo. 
La fatica di vivere si identifica con “la sensazione – si legge- di inadeguatezza di fronte alle situazioni  che il proprio ruolo impone di gestire. Un passato con il quale non si riesce a fare pace. Quel sogno ricorrente in cui c’è un appuntamento  improrogabile che incombe - gli esami per la studentessa, la chiamata del cliente difficile per l’agente di commercio, il matrimonio del figlio per la casalinga – e non ci si arriva mai, perché continui impedimenti tormentano per notti intere chi si sta affannando nella corsa. Arrivare alla fine di una qualunque giornata di routine esausti, con un’infinita stanchezza psicologica.  Sentirsi smarriti tra circostanze che accadono intorno a sé senza una trama. La voglia a volte di scappare, di volare via alla ricerca di un arcobaleno tanto lontano che non se ne vedono più i colori”.
Ma per Galletto dalla fatica di vivere si può “guarire”  “Passa -dice- attraverso l’individuazione delle scorie mentali- sensi di colpa, recriminazioni, bugie, dipendenza dalle aspettative altrui, modi sbagliati di rapportarsi con se stessi, con gli altri e con le vicende di ogni giorno che, accumulandosi, intralciano e deformano il pensiero, per poi sperimentare esercizi utili a tonificarlo, in una sorta di autoterapia”.   
Da quanto dice lo psicologo, fondamentale è imparare ad ascoltarsi e dare voce ai propri bisogni. Quindi conoscersi, per non rimanere imprigionati in ruoli ossificati e dare agli altri un’immagine sbagliata di se stessi. A sentire Galletto, dobbiamo imparare a ripulire le nostre emozioni dalle incrostazioni che i vari sistemi educativi ci hanno lasciato.  Liberare la nostra essenza. 
“Siamo tutti, invece -si legge a pagina 93-  prigionieri di tante cose, eppure la maturità vera consiste proprio nel riuscire a conquistate quella libertà interore che permette di non dipendere dal parere degli altri ma di poter essere come siamo, di esserlo ed esprimerlo, perché non ci basta saperlo noi, dobbiamo poterlo condividere con gli altri”.
Ma imparare ad ascoltare se stessi significa deludere gli altri? Per Galletto “soddisfare le proprie esigenze  non significa cancellare gli altri, l’importante è non essere prigionieri delle aspettative altrui, per cui basiamo completamente la nostra autostima sull’approvazione degli altri.  Nella misura in cui riesco a identificate i bisogni veramente miei e a far pace con le mie aspettative, sarò più disponibile anche a riconoscere i bisogni e le aspettative altrui. Questo non vuol dire porre me stesso al centro dell’universo, perché altrimenti sarei un narcisista e anche questa è una patologia: io pongo me stesso in mezzo agli altri, ma come faccio se non so nemmeno chi sono, che cosa sento, che cosa vivo, di che cosa ho bisogno?”
Per sintetizzare, quindi, non tener conto degli altri è egoismo, dipendere dalle aspettative altrui è incapacità di volersi bene. Per Galletto è un equilibrio difficile da mantenere quello tra il dentro e il fuori se stessi, se non c’è una qualche sicurezza di fondo, una stima di sé che arriva da lontano. Ma con l’allenamento si può acquisire la piena consapevolezza di se stessi e degli altri. Cosa fare subito? “Smetterla- afferma- una volta per tutte di volere il meglio della vita così come è e non come vorremmo che fosse. Dobbiamo imparare ad apprezzare ciò che siamo e abbiamo e a non rimpiangere sempre ciò che non abbiamo e non possiamo essere”.
Questo presuppone un rapporto diverso con il passato e con chi ci ha offeso. Di qui l’importanza del perdono. Che può essere utile a crescere solo se è un atteggiamento attivo, dinamico, non passivo. E cioè? 
“Perdonare- afferma il professionista- è la capacità di prendere in mano quello che è accaduto, di superarlo per andare oltre. Perdonare non significa dimenticare: dimenticare o rimuovere impoverirebbe il perdono, perché vorrebbe dire archiviare qualcosa, annullarlo”. Il perdono è un atto di gentilezza, di amore nei confronti di se stessi.  
Dunque, è necessario liberarsi da zavorre e non rimanere bloccati in posizioni, del tipo: “Questa non gliela perdono”. Cercare di “riscattare” l’altro serve a sentirsi più liberi, base per vivere in armonia con il resto del mondo.
In questo senso, che significa imparare a dire grazie? Replica Galletto: “Grazie più che una parola è un atteggiamento che si ha nei confronti dell’altro. Imparare a dire grazie fa stare bene, in quanto dà un senso, un significato profondo al nostro esserci e al nostro essere con gli altri”.
Per chiudere secondo lo psicologo dovremmo lasciarci guidare dalla benevolenza, dall’accoglienza e dalla fiducia, allontanando da noi la rivendicazione, la diffidenza e la paura. Non sprechiamo più neanche un istante in mugugni, rimpianti sterili. “Quante relazioni- afferma- rovinate da piccole ma velenose meschinerie”. Galletto, a tale proposito ricorda una frase di Roberto Vecchioni: La vita non si innamora due volte dello stesso uomo. “Ogni innamoramento – continua- ha i suoi problemi, le sue difficoltà, momenti belli e momenti problematici. Anche l’innamoramento con la vita ha i suoi guai. C’è però una differenza sostanziale rispetto ad ogni altra forma di innamoramento. Con la vita abbiamo una sola possibilità; se la sappiamo usare bene possiamo diventare capaci di ascoltarne il miracolo. Un miracolo molto semplice, alla portata di ciascuno di noi, che consiste nello smettere di sprecare ogni istante desiderandolo diverso.  Come è stato scritto non si può guarire dalla malattia chiamata vita. Io credo che il compito di ciascuno di noi sia quello di farsene carico nel bene e nel male, e di non viverla di sfuggita. Solo così potremo dare alla nostra storia su questa terra, lunga o breve che sia, il più bel titolo possibile. Che è pure il titolo dell'autobiografia del grande scrittore cileno Pablo Neruda: Confesso che ho vissuto”.
A cura di Cinzia Ficco

2 commenti:

  1. Quello che si legge qui sopra, in fondo è quello che ci urla tutti i giorni la nostra anima. Lei urla, urla, urla, ma noi non ascoltiamo. Cosa ci urla? Proprio di ascoltarla.

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  2. Già.... urla solo questo. Chiede e implora di essere ascoltata solo per il nostro bene, nulla più. E invece molti di noi fanno come le tre scimmiette....
    Fermarsi un attimo per ascoltarla, nulla più.

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