Beh, dopo circa due anni penso sia arrivato il
momento di fare un primo bilancio. Un resoconto di cosa significhi essere
genitore con la Stargardt.
Inizio con l’affermare che la stragrande
maggioranza dei timori e delle paure che nutrivo con troppa fiducia, agli
albori di questa avventura, erano solo costrutti mentali.
Leciti, per carità.
Era sin troppo doveroso porsi quanto meno una
manciata di interrogativi riguardo i cardini su cui poggia l’intera faccenda.
Genitori è per la vita.
Le tante domande assillavano l’anima e
riguardavano quesiti condizionati dall’intorno in cui si snoda il nostro
quotidiano. È inevitabile! Il bimbo crescerà, cercherà di confrontarsi col
mondo esterno, vorrà sperimentare, avrà sete di scoprire e di sentire. E lo
spettro dei propri potenziali limiti si può alzare maestoso e velare anche l’anima
più splendente.
Ma poi arriva il nodo di tutta l’essenza
familiare. L’amore, quello di un genitore verso la propria prole… ha una tale
potenza, una forza così poderosa. Dipana le nebbie più fitte, fugando ogni
traccia di tenebra dai più remoti angoli del cuore.
Infonde una fiducia granitica nei tuoi mezzi. Certo, le forze sono segnate dalla
materiale ristrettezza che la degenerazione maculare impone, ma i pochi
strumenti a disposizione diventano formidabili e chirurgici alleati da usare
senza parsimonia per plasmare la gioia e la serenità del futuro di chi è venuto…e
di chi già è.
E così, a cuore sereno, capisci che ti basta
imparare a memoria una filastrocca il giorno prima, per raccontarla poi al tuo
pupetto mentre stai sdraiato a letto, con la sua testolina poggiata sul tuo braccio e il suo sguardo
attento che segue le parole stampate, che stai recitando con maestria fingendo
la lettura.
Capita a volte che la malinconia ti sorprenda,
nonostante tutto.
Davanti a una moto che sfreccia, e alla
testolina di tuo figlio intenta a seguirne la scia al suo passaggio. Torna alla mente la passione per un mondo
ormai off-limits per te e subito pensi, o speri, che lui non ti chieda mai di
fare un giro sulle quelle due ruote con te.
Poi respiri e razionalizzi. Ami
ed hai amato quei destrieri moderni senza che tuo padre abbia fatto nulla per
trasmetterti questa passione, che oramai con la tua vista fa a cazzotti. Sin da piccolo
hai sognato una moto, ma ugualmente mai hai preteso o semplicemente chiesto a
tuo padre di portarti a fare un viaggio
o anche solo un giro in sella.
Respiri più libero, e capisci che sono solo storie
quelle che ti racconti, nuvole inesistenti che vuoi creare per dare un volto
reale alle paure, una faccia al personale nemico.
Se amerà le moto imparerà a guidarle, non dovrà
sognare di essere scarrozzato da un genitore con una passione impossibile.
Piuttosto armati di fantasia ed inventati non
una, ma mille passioni. Così che lui cresca ben conscio del fatto che la vita è
fatta di tante piccole passioni, una diversa dall’altra, ognuna capace di dare
profondo senso alle giornate!
Poi, per tutto il resto, basta non prendersi
troppo sul serio.
Ma non sempre è così cristallino e facile.
Spesso non ci riesco, sebbene la ragione faccia
immensi sforzi.
Ma l’obbiettivo resta proprio questo: non
prendere troppo sul serio se stessi e la propria malattia.
Così, se per forza di cose devi delegare la tua
compagna per quel che riguarda la manicure e il pedicure del pargolo beh,
perchè farsene un cruccio. Mica versi lacrime amare se non sai cucire a
macchina e fare l’orlo alle braghe!
Eppure, quando la mamma ti ha sistemato i
pantaloni nuovi e li sfoggi bello tronfio , hai solo gioia e riconoscenza in
cuore….
i bambini sono più semplici,ci amano incondizionatamente come noi li amiamo,e questo è più che sufficiente per creare intesa e momenti ludici da condividere,la fantasia spazia senza confini. Inoltre gioisci di aver potuto provare la passione per la moto,la vita pone comunque dei limiti,non avresti potuto comunque coltivare la tua passione in eterno ,esiste anche l'invecchiamento, che non è una malattia ma un cambiamento di comportamenti e prospettive.
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